Vogliamo descrivere l’attaccamento a san Cassiano di noi Trecatesi dando voce ad alcune cronache di 50 anni fa. Il Bollettino del 4 settembre 1954, annunciava con entusiasmo che “in barba a tutti i progressisti arrabbiati che ci ritengono trapassati o prossimi alla fine”, ancora una volta le feste dei santi Cassiano e Clemente, compatroni di Trecate, furono un vero trionfo. Era veramente la festa del paese e tutti sono passati davanti alle urne dei Santi a presentare il loro omaggio, a esprimere la loro fiducia e devozione. Il concorso del popolo trecatese e dei paesi vicini ha reso imponenti queste manifestazioni, preparate con la tradizionale cura e con la passione degli organizzatori. Trecate era paragonata alla “sposa pronta a ricevere la visita dello sposo” e la chiesa parrocchiale offriva uno spettacolo favoloso: stipata a ogni messa e con un buon numero di comunioni. Era davvero la festa di tutti e ogni trecatese “sfilava davanti alle urne dei loro martiri in devoto atto di preghiera” e chiedendo “un poco di quella luce d’intelligenza delle cose divine” di cui, alcune volte, i cristiani sembrano mancare. In quell’anno una piccola stonatura era evidenziata: “La frequenza ai sacramenti poteva essere ben più alta, solo che la nostra brava gente si fosse ricordata che questo è il miglior modo di onorare Iddio in ogni occasione”. Si finiva con la speranza che le feste non fossero solo occasione di fracasso, ma diventassero opportunità di portare frutti di vita cristiana. Nel Bollettino del 3 settembre successivo, era ricordato come fosse palese il grande amore che i trecatesi abbiano per i loro due santi martiri. Anche in quell’anno da lungo tempo si era iniziata la preparazione della loro festa con tutto l’entusiasmo possibile, che col passare degli anni sembra crescere piuttosto che diminuire. La stessa Autorità Comunale, si rilevava con enfasi, sa come la festa annuale è anche il miglior stimolo a conservare l’unità e la fratellanza fra tutti i trecatesi, presenti e lontani. Il fervore che era manifestato era così grande da riuscire a “mutare il programma del cielo” (il tempo atmosferico era cambiato in bel tempo). Domenica la nostra chiesa sembrava diventare una cattedrale e le messe sono state più che numerose. Al termine della festa, solennemente i santi “riceveranno gli ultimi incensi”, e poi i “membri della Fabbriceria provvederanno con la consueta cerimonia a chiudere i due scuroli”. I martiri da quel momento riposeranno così nella loro tranquillità, sempre vigili però sulle sorti del popolo trecatese, che mai non li dimentica.
Nel martirio di Cassiano, in fondo, si riproduce lo “stesso confronto tra il bene e il male, tra l’odio e il perdono, tra la mitezza e la violenza, che ha avuto il suo culmine nella Croce di Cristo”. La memoria dei martiri viene così, immediatamente, a eliminare una falsa immagine del cristianesimo. I quattrocento anni della donazione delle reliquie ci riportano al senso autentico delle feste patronali: è il celebrare e il ricordarsi che la salvezza implica la lotta al peccato e alle situazioni di iniquità e passa solamente attraverso la porta stretta della Croce”. Papa Francesco ha ricordato che il martirio è la ragione per cui “oggi preghiamo in modo particolare per i cristiani che subiscono discriminazioni a causa della testimonianza resa a Cristo e al Vangelo”. Siamo vicini a questi fratelli e sorelle che, come i martiri, sono accusati ingiustamente e fatti oggetto di violenze di vario tipo. “Questo accade specialmente là dove la libertà religiosa non è ancora garantita o non è pienamente realizzata. Ed io credo che sono più oggi che nei primi tempi della Chiesa. Accade però anche in Paesi e ambienti che sulla carta tutelano la libertà e i diritti umani, ma dove di fatto i credenti, e specialmente i cristiani, incontrano limitazioni e discriminazioni”.
I cristiani non possono vivere senza Cristo. A tutto possono rinunciare, ma non a Cristo. La fede in Lui, ci ricorda Cassiano vale più della vita stessa, perché una vita senza Cristo è vuota e senza senso. La professione della propria fede, anche di fronte a chi si oppone con brutalità, va fatta con dolcezza e rispetto. Chi si sente a disagio, chi si sente non capito, chi si vede attaccato facilmente è portato a reagire con violenza. Dolcezza, accoglienza, rispetto e perdono sono segni di forza vera, segni che stiamo camminando illuminati dal Vangelo e che Gesù è davvero al centro della nostra vita, famiglia e comunità.
Questi sono gli auguri che la Parrocchia e la redazione del Bollettino fanno a tutti i Trecatesi.

Alessandro Maffiolini