Come se niente fosse. I senzatetto, i nuovi poveri, i disoccupati, i bambini che chiedono l’elemosina, sembrano ormai far parte del panorama delle nostre città. E vengono trattati con la stessa indifferenza, come se non esistessero, come se la loro situazione fosse persino “normale e non arrivasse a toccare il cuore”. Il Papa ha evidenziato in questo modo come si passi dal peccato alla corruzione, per la quale non esiste rimedio. Spesso pensiamo che un’Ave Maria o un Padre nostro siano sufficienti per continuare a vivere come se niente fosse, come se quanto succede nel mondo non tocchi la nostra vita. Possiamo infatti “percorrere una vita di menzogna, di apparenze: appare una cosa e la realtà è un’altra”. Proprio per questo “chiediamo al Signore che Lui scruti la verità della nostra vita: e se io percorro una vita di menzogna, che mi porti sulla via della vita, della vera vita”.

Il Papa presenta due tipologie di uomo. Uno confida nell’uomo, pone nella carne il suo sostegno, si sente come se fosse un dio e allontana il suo cuore dal Signore. “Tutto finisce con lui, non lascerà vita, si chiude quella vita con la propria morte, perché la sua fiducia era in se stesso”. Un altro invece confida nel Signore, si aggrappa e si lascia condurre da Lui: è un uomo fecondo. Ecco dunque, ha spiegato il Papa, che “questa opzione, tra questi due modi di vita che divengono poi pilastri di vita, viene dal cuore: la fecondità dell’uomo che confida nel Signore e la sterilità dell’uomo che confida in se stesso, nelle sue cose, nel suo mondo, nelle sue fantasie o anche nelle sue ricchezze, nel suo potere”. Dal peccato si può andare indietro, si chiede perdono e il Signore perdona. Quando confidiamo solo nel denaro siamo come l’uomo ricco del Vangelo che è condotto su una strada di morte, al punto che non può tornare indietro. “È quando il peccato si trasforma in corruzione”. Qui Francesco ha voluto proporre un esame di coscienza. “Cosa sento io quando vedo i poveri, gli abbandonati, i senzatetto, perché non hanno soldi per pagare l’affitto, perché non hanno lavoro?”. Quando queste cose nel nostro cuore risuonano come normali significa che siamo su di una strada scivolosa che porta “dal peccato alla corruzione”. Per questo il Papa invita a chiedere al Signore: “Scruta, Signore, il mio cuore e fammi capire in quale strada sono, su quale strada sto andando”.

Giuseppe il sognatore. Papa Francesco si è soffermato sulla figura del Santo patrono della Chiesa universale. La meditazione ha preso spunto dalla Liturgia della Parola che parla di “discendenza, eredità, paternità, filiazione, stabilità”: tutte espressioni che sono una promessa ma poi si concentrano in un uomo, un uomo che non parla, non dice una sola parola, un uomo del quale si dice solamente che era giusto. Un uomo obbediente che porta sulle sue spalle tutte queste promesse: una grande responsabilità che però si ritrova tutta concentrata “in un sogno”. Tutto questo “sembra troppo sottile”: è però lo stile di Dio. Ecco quindi delineata “la figura di Giuseppe: l’uomo nascosto, l’uomo del silenzio, l’uomo che fa da padre adottivo; l’uomo che ha la più grande autorità in quel momento senza farla vedere”. A lui Dio confida cose che continuano anche negli eventi successivi della sua vita. Giuseppe prende per mano queste fragilità, “le prende nel cuore e le porta avanti come si portano avanti le debolezze, con tenerezza, con tanta tenerezza, con la tenerezza con la quale si prende in braccio un bambino”. È bello pensare a questo personaggio come al custode delle debolezze, anche delle nostre. Egli è capace di far nascere tante cose belle dalle nostre insicurezze, dai nostri peccati: in questo modo le fragilità diventano salde nella fede. Inoltre, aggiunge il Papa, Giuseppe era un uomo capace di sognare: egli è il custode del sogno di Dio, “il sogno di nostro Padre, il sogno di Dio, della redenzione, di salvarci tutti, di questa ricreazione, è confidato a lui”. Grande questo falegname, ha esclamato il Pontefice, sottolineando ancora una volta come egli, “zitto, lavori, custodisca, porti avanti le debolezze, sia capace di sognare”. E a lui, ha detto Francesco, “io oggi vorrei chiedere: dia a tutti noi la capacità di sognare perché quando sogniamo le cose grandi, le cose belle, ci avviciniamo al sogno di Dio, le cose che Dio sogna su di noi”. Preghiamo, allora, Giuseppe per i giovani, perché dia loro la capacità di rischiare, di sognare.

A cura di Alessandro Maffiolini