pane-quotidiano

 

La forza di accogliere uno sguardo

Eccoci a raccontarvi chi siamo. Noi la faccia ce la mettiamo da tre anni, da quando è iniziata la nostra avventura. Siamo “quelli della mensa il Pane quotidiano”: tre volte a settimana distribuiamo la cena a quanti ne hanno necessità. In questi giorni, al mattino un gruppo di persone svolge il lavoro più importante, cioè quello di cucinare quanto verrà distribuito la sera. Nel pomeriggio, prima dell’apertura agli ospiti, si procede alla divisione in porzioni dei cibi, mentre al banchetto dell’accoglienza alcuni volontari raccolgono le borse entro cui verrà posta la cena. Questa è solo una piccola parte di ciò che facciamo; la più importante è rappresentata da ciò che siamo diventati nel tempo: un gruppo di volontari. Dietro e dentro queste semplici parole si racchiudono tutti gli sforzi quotidiani che permettono alla mensa di continuare il proprio operato, tutte le fatiche personali per imparare a fare gruppo, accettandoci nelle immancabili diversità, tutte le perplessità nell’accogliere. Ogni giorno occorre un paziente lavoro di ricerca e di recupero degli alimenti: grazie alla generosità di molte aziende e privati si riesce a far fronte ad una richiesta diventata nel tempo sempre più imponente. Attualmente vengono distribuiti circa 280 pasti per sera. Nel corso di questi tre anni ci siamo trovati, conosciuti e accettati; non è stato un percorso semplice perché abbiamo dovuto superare le nostre spigolosità, imparando a perseguire un obiettivo comune, anche quando il sentire personale differiva dalle indicazioni operative stabilite. Non è stato e non è facile accogliere le povertà, perché alle volte si trova impazienza, pretesa, imbroglio, ma tante altre uno sguardo, una richiesta con un filo di voce, la vergogna, ci convincono che molto ancora c’è da fare e ci rendono piccoli e impotenti di fronte al bisogno di molti. Vale la pena ricordare che ancora oggi, proprio accanto a noi, magari vicino alle nostre case, ci sono famiglie che trascorrono al buio le serate, che non hanno riscaldamento e non si possono permettere di fare la spesa; crediamo che non ci sia proprio nient’altro da fare se non metterci le mani per preparare un pasto e la faccia per continuare a fare attivamente.

I volontari