Il suo significato

In molti Paesi si sta accentuando un’estrema insicurezza di alimentazione: la fame miete moltissime vittime. Dare da mangiare agli affamati è un compito e un impegno per la Chiesa che risponde agli insegnamenti di solidarietà e di condivisione di Gesù. Inoltre, eliminare la fame nel mondo è divenuto un “traguardo da perseguire per salvaguardare la pace e la stabilità del pianeta”. Il diritto all’alimentazione riveste un ruolo importante per il conseguimento di tutti gli altri diritti, a iniziare da quello alla vita. È necessario, pertanto, che “maturi una coscienza solidale che consideri l’alimentazione e l’accesso all’acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni”. Nella fede cristiana assistiamo al passaggio dal dono di Dio alla decisione dell’uomo. È una responsabilità che è al cuore dell’Eucaristia e del giorno del Signore: da sempre “sono connessi a una prassi di carità, di visite ai malati, di portare cibo a chi ne è sprovvisto, di fare collette per i poveri”. Dall’Eucaristia parte anche la volontà di “uscire” e diventare una Chiesa che “incontra il Cristo nei poveri e cerca di sostenerli con cibo e presenza, con nutrimento e relazione, condividendo, donando e facendo giustizia”. Il dare da mangiare agli affamati deve oggi misurarsi con le cifre fornite dalla FAO che parlano di più di un miliardo di persone che soffrono la fame. “Alimentazione insufficiente, malnutrizione, carenze di vitamine e di minerali essenziali, sottoalimentazione conducono a dimagrimento, apatia, depressione, debolezza muscolare, esposizione alle malattie, invecchiamento precoce”. La situazione è drammatica soprattutto per i bambini. Ai nostri giorni poi assistiamo a scontri e proteste di piazza in varie parti del mondo a causa del notevole rincaro del prezzo di vari alimenti fondamentali. “Pervenire alla possibilità per tutti di accedere fisicamente ed economicamente a cibo sufficiente e sicuro è essenziale per la sicurezza e la pace del mondo intero”. Ognuno di noi può fare molto: occorre il coraggio di essere cristiani. Il vero discepolo di Cristo deve operare sempre con gesti concreti, piccoli finché si vuole, ma mai sostituiti da vaghi sentimenti, fiumi di parole, convegni, conferenze, progetti e programmi a lungo termine: la fame è di ogni giorno. Per questo, ogni volta nella preghiera insegnataci da Gesù, chiediamo “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Dare da mangiare “vuol dire preparare e offrire il cibo in modo che l’esperienza del nutrimento sia umana” e ridoni dignità alle persone. È un processo che richiede cura e attenzione, è un processo che inizia con lo “spogliarsi” di se stessi, di tutte le prevenzioni, pregiudizi, preconcetti che fanno giudicare prima di amare. Richiede sguardo attento e rispettoso, ascolto discreto e sensibile. Richiede pazienza e delicatezza. Richiede tempo che forse riteniamo di non avere, ma non per questo dobbiamo rinunciare al tentativo di entrare in relazione con gli altri per comprenderli e amarli.

Gesti concreti

Questa opera di misericordia corporale ci richiama a molti atteggiamenti più profondi rispetto al solo procurare generi alimentari. Ecco alcuni esempi:

Dare da mangiare deve sempre essere parte di una relazione umana: l’incontro, la conoscenza, il rispetto dei gusti e delle tradizioni, la delicatezza dell’offerta.

Offrire cibo deve esprimere la cura per la dignità della persona, preoccupandosi sia di come il cibo venga dato sia di come possa essere consumato.

Fa parte della carità del dare da mangiare anche la fatica e la fantasia di chi cucina, prepara la tavola…

Imparare anche a “ricevere il cibo” come dono: rendendo grazie nella preghiera prima di nutrirsi; accogliendo quello che altri hanno preparato per noi.

Fare in modo che il mangiare sia sempre un’esperienza di convivialità, cioè di incontro, di parole scambiate, di vita che si mette in comune (attorno alla tavola della famiglia ad esempio).

Riconoscere che “non di solo pane” si nutre l’uomo, ma anche dell’amore, del rispetto, della giustizia e della dignità che lo circondano. Dio è “colui che dà il cibo”, perché si prende cura di tutta la nostra vita.

Sostenere la Caritas, il Pane Quotidiano, dove nella semplicità e nel silenzio, persone della comunità cristiana diventano, a nome di tutti, segni della misericordia di Cristo.

È il trasmettere ai fratelli bisognosi di cibo che la loro serenità e felicità interessa anche a noi e dimostrarlo in primo luogo cercando di dar loro da mangiare.

La misericordia deve diventare costume di vita, deve portarci a verificare lo stile dei nostri consumi, ad evitare tutto ciò che è superfluo per destinarlo ai poveri ai quali appartiene, a praticare perciò non solo l’elemosina, ma la condivisione, la comunione con gli altri.

A cura di Alessandro Maffiolini