Il suo significato

Siamo all’ultima opera di Misericordia corporale; ma è anche l’ultimo atto che compiamo nella vita di una persona. Non è presente nell’elenco che Gesù fa, ma il Vangelo, nel brano del Giudizio universale, ci offre una prospettiva escatologica. “Lo avete” o “Non lo avete fatto a me”: ha delle conseguenze per l’eternità! La nostra meta è ben delineata: a destra o a sinistra del Figlio dell’uomo, con le capre o con le pecore. Oggi la nostra società vive un certo disagio verso la morte e verso i morti; cerca di allontanare la questione, di relegarla lontano, di tenerla nascosta e di dimenticarla. Dall’altra è altrettanto vero che i riti di inumazione e di sepoltura (individuali e collettivi) sono i più antichi che l’archeologia ha reperito e ci conducono fino alla preistoria. Le opere di Misericordia diventano, allora, una traccia per la vita sulla terra, per vivere meglio in famiglia, nella Chiesa, nella società, ma anche preparazione e anticipo del Regno di Dio. Nel Vangelo leggiamo che Gesù ha pianto sulla tomba dell’amico Lazzaro e lo ha risuscitato; troviamo anche il comportamento di Gesù di fronte alla morte di due giovani con la risurrezione della figlia di Giairo e del ragazzo di Nain. Come cristiani siamo invitati, inoltre, a tener conto delle modalità della sepoltura di Gesù: cosparso di unguenti, avvolto in una sindone, con la cura e l’attenzione delle donne, deposto in un sepolcro nuovo scavato nella roccia, chiuso da una pietra. Fin dai primi anni, i seguaci di Cristo hanno avuto la consapevolezza che l’intera comunità cristiana deve vivere sapendo che chi è morto non si estrania da essa. Continua, infatti, nel Signore una reale comunione tra tutti gli appartenenti alla Chiesa, vivi e defunti. “Chi è vivo prega per la salvezza del defunto, ma confida anche nella preghiera di chi è ora presso il Signore, non solo dei martiri e dei santi, ma anche dei propri cari e conoscenti che spera beati nel Signore”. Cristo è risuscitato dal sepolcro: questo decreta la speranza che risuscitino, per mezzo dello stesso Cristo, coloro che riposano nel sepolcro. Un fenomeno che si diffonde sempre più è quello della cremazione: la Chiesa non è più contraria a questa pratica, a meno che non sia fatta come segno avverso alla fede, anche se preferisce la sepoltura come più espressiva della fede cristiana. Infatti, “i corpi dei morti devono essere trattati con rispetto e carità, nella fede e nella speranza della Resurrezione. Il seppellire i morti è un’opera di Misericordia corporale; onora i figli di Dio, che sono tempio dello Spirito Santo”. È deporre i nostri cari nel luogo del riposo di Cristo e nella Chiesa; è attendere la risurrezione per la vita; è l’indicare una comunione tangibile tra i vivi e i defunti. È espressione della fede che il defunto non viene semplicemente dimenticato, smettendo di esistere. Il culto cristiano dei morti ha il presupposto che il defunto continuerà a vivere in un modo diverso, nell’Aldilà. Seppellire i morti è gesto allora di amore e di Misericordia.

Gesti concreti

È un’opera di Misericordia che richiede estrema cura a tutto quello che è attorno alla morte, con delicatezza e umanità, senza fretta e in spirito di fede e di speranza.

Attenzione a non ingannare i moribondi e con delicatezza proporre e offrire loro i Sacramenti.

Evitare il rischio di seppellire senza esequie cristiane chi è battezzato e, viceversa, di pretendere i funerali cristiani per chi non lo è.

Occorre prepararsi, anche con il testamento e con le opportune disposizioni, per i nostri funerali e la nostra sepoltura.

L’impegno per la cura delle tombe e dei cimiteri, non solo il 1° novembre, ma tutto l’anno.

La pratica della visita al cimitero, soprattutto nel giorno del Signore, è testimonianza della nostra fede nella Risurrezione.

Allontanare il rischio di una cultura che elimina il camposanto, il cimitero, “luogo del riposo”, di chi dorme il sonno della morte.

Occorre valutare bene tutte le problematiche relative alla cremazione, alle ceneri e alla loro collocazione o dispersione.

Provvedere una presenza, essere un buon ascoltatore, avere compassione, dare conforto con delicatezza e pregare per loro.

Offrire ogni giorno preghiere per ottenere la grazia di una santa morte per gli ammalati terminali e pace e conforto per la famiglia e per gli amici.

Aiutare particolarmente coloro che trovano difficoltà a superare questo momento: mettersi al loro fianco ed esserci, testimoniando la certezza della Risurrezione.

Promettere il ricordo del defunto durante la Celebrazione Eucaristica.

A cura di Alessandro Maffiolini