Non vogliamo fare una trattazione approfondita del tema dell’amore e dei suoi molteplici significati validi per ogni essere umano. Desideriamo richiamare alcuni brevi principi decisivi per vivere il Vangelo ogni giorno. Oggi viviamo in un tempo in cui è molto facile dividere tra popoli, etnie, culture, diversità di situazioni. È sufficiente pensare a quelle persone che clandestinamente entrano nella nostra patria, fuggendo dalla fame o addirittura dalla violenza, e approdano da noi, in cerca, se non di amore, almeno di rispetto e accoglienza. Forse ci siamo dimenticati, oggi, pensando a chi viene da noi, emigrando dal suo Paese, che i nostri nonni o padri ben conoscono che cosa significhi lasciare tutto per la propria famiglia e trovare… lavoro, forse, ma sfruttato e “condito” di disprezzo. Nasce spontanea la domanda se è facile trovare chi abbia la bontà di fermarsi e accompagnarle con amore quanti hanno difficoltà e sofferenza. Si ha purtroppo la sensazione che troppi, di fronte al dolore di un fratello, “vedano e passino oltre”, adducendo anche motivazioni per loro valide. Siamo davanti a troppa indifferenza… “questo è il grande male”. Il Papa infatti, nell’omelia di pochi giorni fa, afferma con forza: “Purtroppo le periferie esistenziali delle nostre città sono densamente popolate di persone scartate, emarginate, oppresse, discriminate, abusate, sfruttate, abbandonate, povere e sofferenti. Nello spirito delle Beatitudini siamo chiamati a consolare le loro afflizioni e offrire loro misericordia; a saziare la loro fame e sete di giustizia; a far sentire loro la paternità premurosa di Dio; a indicare loro il cammino per il Regno dei Cieli”. Per fortuna, le Caritas e tante Associazioni di Volontariato, anche laiche, guardano all’uomo, in carne e ossa, in cerca di speranza e amore. Proclamarsi cristiani e “avere” una fede che non è al servizio dell’amore, significa avere una fede che non ha più alcun contenuto. È una non fede. Un altro elemento importante è riscoprire che amare non vuol dire solamente andare in aiuto di chi ha bisogno di noi; vuol dire prima di tutto lasciare che gli altri si facciano prossimi a noi, lasciare che gli altri entrino a far parte della nostra vita. Il trucco, ormai, è svelato: nostro prossimo è Dio, perché è Dio che si prende cura di noi. E qui iniziano i problemi, perché noi pensiamo di conoscere Dio, pensiamo di sapere quasi tutto di lui, pensiamo di volergli bene quando realizziamo la sua volontà, le sue norme, i suoi precetti e i suoi comandamenti. Diverse volte addirittura, preferiamo eliminare Dio dalla nostra vita. E invece, non è così: “quando Dio si fa prossimo alla mia vita, non lo fa attraverso norme, leggi e precetti: quelli, non salvano. Chi ci salva è l’amore che Dio riversa nei nostri cuori”. Solo così recuperiamo la verità evangelica che ogni essere umano è nostro fratello e sorella ed è una persona dotata di doveri e di diritti. Prendiamo in prestito ancora le parole di Papa Francesco: “Chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo Padre perdono per chi si è accomodato e si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi”. A ognuno di noi la chiamata ad amare il nostro prossimo.

don Alessandro Maffiolini