Sappiamo quanto è un problema vivere il tema espresso dal titolo: sembra più facile camminare da soli e fare tutto da soli. Viene da pensare che spesso la collaborazione tra gli uomini sia già in sé un miracolo ed è quel genere di miracoli che a Dio piace operare, se desideriamo ottenerli sinceramente. Credo, infatti, che talvolta, anzi spesso, sia una cosa difficile da realizzare, ma se lo desideriamo davvero, se ci sforziamo di superare le nostre reticenze, allora diventa più semplice agire. I problemi di una comunità, di un gruppo, di un’associazione, nascono da due atteggiamenti, di carattere opposto ma ugualmente deleteri. Uno è quello di chi tende a monopolizzare ogni cosa, l’altro è quello di chi è pieno di belle idee, ma scarica il lavoro sugli altri e poi magari lancia giudizi diffamatori. Di atteggiamenti sbagliati se ne possono individuare anche altri. Inoltre consideriamo che siamo strutturati in gruppi più o meno numerosi, ciascuno con un suo ruolo che comporta dei compiti più o meno impegnativi. Se ciascuno di noi occupasse il proprio posto, qualunque esso sia, impegnandosi a fare al meglio, con umiltà e senza “avidità”, in altre parole senza cercare l’interesse personale ma l’interesse di tutti, anche le nostre comunità riuscirebbero a portare avanti il loro compito, cioè quello di annunciare il Vangelo agli estremi confini della terra e di essere credibili per la crescita della Chiesa di Dio. Se riflettiamo un attimo sulla nostra comunità, possiamo onestamente dire che essa ha una sua struttura e si fanno molte cose buone, si svolgono varie attività che danno i loro frutti. Certo si può fare di meglio. È certo anche che non sempre le iniziative funzionano come dovrebbero perché alcune volte sono pensate solo da un gruppo che si sente destinatario della verità e non capace di condividere la riflessione con gli altri. “Ci sono gruppi che si formano e si sciolgono, attività che si avviano e poi s’interrompono lungo strada, ci sono quelli che se ne vanno, quelli che rinunciano a portare avanti un’attività perché non vanno d’accordo con qualcuno”. Camminare insieme indica una Chiesa in uscita: essa è animata dalla passione per il Vangelo, dall’amore per le persone con le quali si vuole condividere la gioia che si porta dentro di sé. È necessario essere liberi dalla preoccupazione dei risultati perché convinti che il regno cresce, sia che dormiamo sia che vegliamo: evitiamo di affermare sempre che i nostri incontri vanno molto bene e quelli degli altri sempre meno. Più chiaramente occorre dire che il camminare insieme, nel libro degli Atti, appare dal fatto che i due discepoli partono “dalla comunità” e che, al termine del viaggio e della loro missione, riferiscono alla comunità tutto quanto hanno vissuto. “La loro partenza era un modo di diventare missionaria da parte della comunità stessa; ed era un modo per affermare che la loro esperienza non era riconducibile al semplice disegno di due persone, ma emergeva come intuizione profetica dall’intera comunità”. Diverse volte manca questo atteggiamento di fondo: si decide, si fa, si vede come è andata, ma non si ha il coraggio di fare una verifica vera nella comunità. Il primo livello è il Consiglio Pastorale Parrocchiale e il Consiglio per gli Affari Economici; un secondo livello è un’assemblea, fatta con criterio e sapienza, dei gruppi della comunità che si occupano di persone e temi simili. Il pensare di fare da soli o che uno debba poi scegliere per conto suo, anche per un ruolo che ha, non aiuta e non permette in alcun modo di camminare e crescere insieme. È solo una breve riflessione che andrà approfondita, ma che può già aiutare a camminare insieme.

don Alessandro Maffiolini