Dove sono gli adulti?

Dobbiamo partire da una precisazione necessaria. È il prendere coscienza che la maggioranza degli adulti in Italia e forse anche nel resto del mondo, del grande e dignitoso “mestiere dell’adulto” non vuole proprio saperne: né di vocazione e di dovere, né di “ministero” e di servizio collegato all’essere adulto e di ruolo educativo specifico. Sono però poi le persone che oggi prendono le decisioni sul mondo e sugli altri. Siamo davanti a un cambiamento storico: oggi al centro delle attese non si pone la volontà di diventare adulto, e quindi responsabile della società e del suo futuro, ma quella di “restare giovane” ad ogni costo. Questa generazione rinnega con forza e con ogni mezzo la sua vera identità e lo stimolo a sapersi dimenticare di sé in vista della dedizione agli altri. Il Papa, infatti, afferma: “La specificità di questa generazione è che i suoi membri, pur divenuti adulti o già anziani, padri o madri, conservano in se stessi, incorporato, il significante giovane. Giovani come sono stati loro, nessuno potrà più esserlo – questo pensano. E ciò li induce a non cedere nulla, al tempo, al corpo che invecchia, a chi è arrivato dopo ed è lui, ora, il giovane”. L’idea di fondo è che la giovinezza ci rende liberi… liberi di fare ciò che vogliamo, pensiamo e riteniamo giusto secondo i nostri criteri. Certamente, poi, la giovinezza è considerata come prestazioni, affermazione di se stesso, disponibilità a fare esperienze che portano unicamente un piacere immediato e non duraturo. E i giovani, diverse volte, ricercano proprio questo. Da queste poche frasi e non esaustive, emerge con chiarezza che è eliminato definitivamente e non ha alcun spazio di esistenza, il lato etico, morale e educativo. L’essere adulto e maturo ha sempre significato essere qualcuno che prova ad assumere le conseguenze dei suoi atti e delle sue parole. A un adulto, infatti, non si chiede di rappresentare l’ideale di una vita compiuta, ma innanzitutto di provare ad assumerne tutte le conseguenze delle sue parole. Pensiamo ai genitori che si mostrano sempre pronti a difendere le ragioni inconsistenti dei loro figli di fronte agli insegnanti o di fronte alle prime difficoltà che la vita impone. Pensiamo a quanti con incarichi politici, con ministeri o che hanno ricevuto un ruolo di potere o di sevizio, pronti a inseguire ostinatamente i loro interessi personali invece di servire quelli comuni. Pensiamo a tanti adulti disposti più a seguire le “mode giovanili” che a essere coerenti con le proprie parole. Molti adulti fanno di tutto per restare giovani. È un modo per comunicare ai giovani una notizia semplice: è più conveniente non crescere, non spostarsi, non muoversi; si corrono meno rischi. Il tutto ha gravi conseguenze nell’educazione, nei valori, nella trasmissione della fede e nella costruzione di relazioni durature e sincere. A tutto questo è importante infine aggiungere il contributo portato da un certo uso dei socialnetwork dove i legami creati sono spesso a “responsabilità zero”. L’amicizia è ottenuta attraverso un click; “la sua moltiplicazione diviene segno di distinzione. La cultura del videogame ci introduce in un mondo parallelo, artefatto, ad una sorta di oppiaceo tecnologico che confonde l’esistenza con la simulazione”. Senza connessione spesso la vita perde di senso, non è più attraente e diventa solo “artificiale”. È necessario ripartire dai giovani e dagli “adulti rimasti giovani”. Le comunità cristiane hanno il compito di escogitare strade capaci di dire qualcosa di buono e bello a queste persone: Gesù Cristo ha anche qui una parola chiara da dire.

don Alessandro Maffiolini