Cercare un modo per raccontare le vocazioni sembra una preoccupazione di altri tempi e un qualcosa riguardante solo preti e suore. Oggi, infatti, siamo convinti che esista solamente la scelta personale: essa non è mai definitiva e può continuamente essere modificata secondo i nostri sentimenti e desideri. Tutto diventa allora ammesso e consentito. Anche in un ambiente cristiano si pensa che le vocazioni sono uguali e che la cosa importante è il comportarsi “non male”, fare del “bene” secondo la propria volontà. Dimentichiamo un grande guadagno del Vaticano II, dove insegna l’universale chiamata alla santità, inserendola in un ambiente più grande. Infatti “si osserva come nel grande corpo di Cristo che è la Chiesa ogni cellula abbia la sua missione e il suo compito, il suo posto, la sua particolarità che la rende differente da tutte le altre, unica, come unica è ogni persona, ogni tessera, come in un mosaico”. Il tema del mosaico è di grande aiuto per comprendere meglio la vocazione: è una tecnica decorativa e consiste nel comporre un disegno o un’immagine accostando piccole tessere, cioè minuti tasselli di pietra, di marmo o di pasta vitrea colorati. Ogni singolo tassello non ha un unico e un solo posto nel quale incastrarsi: è la sapienza dell’artista che, osservando le tessere che pian piano va disponendo e avendo in mente il compiersi dell’intera opera, sceglie la pietra che preferisce, non perché già determinata ma perché una sembra migliore dell’altra. “E così è considerata ogni pietra man mano che è scelta per essere posizionata, l’una a servizio dell’altra e di tutto il corpo insieme”. A differenza del puzzle, le tessere del mosaico non hanno una posizione predefinita: anche nella vocazione è così, perché la vocazione è una storia con Dio che, fin dall’inizio, plasma la vita attraverso incontri, fatti, persone. Proprio per questo, papa Francesco, ci ricorda come “nella Chiesa che è una grande ricchezza, si fonde nell’armonia dell’unità. Come un grande mosaico in cui tutte le tessere concorrono a formare il grande disegno di Dio. Uniti nelle differenze: questo è lo spirito cattolico, cristiano”. È necessario allora avere qualcosa che crei questi tasselli: è il dono della vita e del battesimo che ci trasformano e ci rendono capaci di grandi cose in base ai tanti talenti che ci sono stati donati. È sufficiente farli fruttificare, facendosi illuminare dalla Parola di Dio che plasma la nostra vita: a poco a poco Essa diventa sempre più familiare, gradita. La Parola risuona sempre più come la voce di un amante che chiama l’amato e che allarga il cuore. Qui normalmente nasce “la preghiera, personale, gratuita, immediata. E la risposta alla vocazione cresce: più si accetta questo dialogo d’amore, più ci si sente liberi e coinvolti”. Il mosaico richiama anche la grande libertà nella sua composizione: nessuna tessera è svilita o umiliata se non è posta dove desidera. Importante è essere posta nella posizione migliore in cui risplende meglio la sua composizione e i suoi doni. Questo è un grande dono d’amore e di umiltà, spesso difficile da vedere nelle comunità cristiane, nei laici e nei consacrati, ma connaturale nelle differenti vocazioni di ognuno. Arrivare alla conclusione di un mosaico di questo tipo non è facile, anche se è un cammino affascinante. Solo Dio ha nel cuore la composizione finale del mosaico: sceglie, però, di operare le modifiche al suo progetto utilizzando le tessere a sua disposizione. Dovremmo proseguire nella riflessione. La rimandiamo ad altro momento nella certezza che quanto detto, se ascoltato bene, può causare una prima e stupenda rivoluzione nella nostra comunità, per iniziare a essere un unico mosaico grandioso.
don Alessandro Maffiolini