Sembra un titolo di un’epoca ormai passata. Oggi il motto più facile da dire è il pensare solo a se stessi, ai propri interessi, al proprio tornaconto e al successo personale. E spesso accade anche nelle comunità religiose e nelle comunità ecclesiali. Qualche giorno fa il presidente della Repubblica Italiana, ha riaffermato un concetto semplice ma terribilmente vero. Quando negli uomini manca la visione della pace e la fiducia nel dialogo, allora esplode la divisione dei popoli e si crea la guerra che non porta mai progresso e futuro. Solo la pace, il dialogo, l’accoglienza tra popoli generano futuro e progresso. Per arrivare a un mondo come questo è assolutamente necessaria una prospettiva interiore diversa e una fiducia da moltiplicare. “Le migliaia di migranti che arrivano ai confini della nostra nazione italiana, con lo strascico di morte in mare al quale assistiamo particolarmente in questi giorni, ci impongono a vedere noi stessi e la nostra terra in modo diverso, con una visione più alta del puro livello economico e matematico”. Abbiamo molte volte la tentazione di pensarla come gli apostoli quando dicono “Non abbiamo che cinque pani e due pesci…” e quando pensano che è meglio mandarli via perché qui non abbiamo le risorse per tutti. Alcune proposte di soluzione sono troppo umane e arrivano a una conclusione: non è possibile sfamare tante persone. Il massimo che si può ottenere in questo mondo è una buona organizzazione sociale, ma è impensabile che la miseria possa essere sconfitta. Questo lo pensiamo in diversi: “Tanto non cambia niente”, “È un imbroglione”… Anche noi cristiani, come gli apostoli, infatti, al problema concretissimo di una folla che non ha da mangiare e di loro che non hanno i mezzi per risolvere quel problema, ci affidiamo alla logica del calcolo umano. La soluzione è dividersi da quella folla e che sua volta si divida nei villaggi e campagne perché ognuno pensa a se stesso. Dividere per risolvere il problema. Allontanarsi dagli altri, non ci fa vedere più il problema. Dio di solito non agisce da solo. Chiede sempre la collaborazione degli esseri umani. Ha fatto così con Abramo, con Mosè, i profeti, con Maria. Gesù, il Figlio di Dio, si comporta allo stesso modo. “E la nostra pochezza nelle sue mani diventa abbondanza, la nostra piccolezza diventa meraviglia. Perché niente è piccolo di ciò che è fatto con e per amore”. La vita può cresce solo se qualcuno la sa regalare per amore. Se la teniamo stretta solo per noi, la perdiamo e la facciamo perdere a tutti. Se sappiamo condividere tutto, davvero tutto, avremo vita e felicità in abbondanza. Tutto diventa mio, se lo condivido con gli altri. Addirittura il poco che condivido è sufficiente per tutti e come ci dice il vangelo, avanza sempre qualcosa in più da portare via e non sprecare. Dobbiamo innanzitutto costruire una rete di buone relazioni: essa può diventare una risorsa generativa nella comunità, decisiva per soddisfare i bisogni personali di tutti. Per noi battezzati, la capacità di fare parte/distribuire/condividere consente di soddisfare i bisogni delle persone, a partire dalle relazioni che si riescono a costruire e curare. “Queste esperienze fondate su una logica di dono e di reciprocità, compongono una trama di relazioni costruendo delle vere e proprie reti che praticano un’economia di condivisione”. Il principale obiettivo è lo sviluppo di un consapevole, concreto ed efficace spirito di condivisione nelle nostre comunità cristiane, individuando, “mettendo in evidenza e condividendo buone pratiche e progetti, mediante la riflessione e l’approfondimento delle ragioni e dei metodi che le sostengono”. Questo ci auguriamo per non perdere la nostra identità di figli di Dio e per non distruggere la comunità cristiana.

don Alessandro Maffiolini