In questo tempo nella Chiesa constatiamo due atteggiamenti differenti e opposti: la paura dell’altro e del diverso da noi e il desiderio di comunione tra i cristiani sempre più vivo e intenso. L’unità dei cristiani, e anche delle Comunità cristiane, non è più un’idea opzionale, ma un’esigenza essenziale della nostra fede: è parte del Dna del battezzato, secondo la preghiera di Gesù nel Vangelo di Giovanni. Non possiamo invocare Cristo e poi essere capaci solo di fare quanto è comodo o dire la nostra autonomia rispetto agli altri fratelli.

La mancanza di unità, o tutti i muri che costruiamo attorno a noi, sono il segno di un forte egoismo e di attaccamento a noi stessi e alle nostre idee e non di comunione con Dio. Noi desideriamo e cerchiamo con tutte le nostre forze “l’unità nell’amore del Padre che viene a noi donato in Gesù Cristo”, amore che caratterizza anche il pensiero e le dottrine. Non è sufficiente avere la Bibbia come testo comune o essere d’accordo nella comprensione del Vangelo, ma occorre che i credenti siano uniti a Cristo e in Cristo. Più si entra in comunione con Lui più diventa normale pensare alla Comunità come a parte del Suo Corpo e a ognuno di noi come a membra necessarie alla sua costruzione. È la conversione personale e comunitaria, il nostro vivere in Lui e il renderci simili a Lui nel pensare e nell’agire che permette di crescere nella vera comunione tra noi. Solo così abbiamo l’umiltà di riconoscere che quanto ci unisce come figli di Dio e fratelli è più di quanto ci ha diviso e ci divide ancora oggi.

È vero inoltre che l’unità non è mai frutto dei nostri sforzi umani o la conclusione di diplomazie ecclesiali o teologiche, ma è essenzialmente un dono che viene dall’alto. Questo va accolto in noi e nelle nostre Comunità e Chiese e reso, senza paura, visibile a tutti. Il mondo intero ha bisogno di missionari della misericordia che demoliscano barriere e muri e costruiscano ponti tra le persone, aprano la porta a nuovi stili di vita nel nome di Cristo che ci ha amato per primo e ha donato la vita per noi.

Dobbiamo mettere in pratica la riconciliazione verso chi incontriamo ogni giorno, senza fare differenze o distinzioni: aprire le nostre case, i nostri gruppi, offrire ospitalità, aprirci a chi non compie il nostro stesso cammino, migliorare le condizioni di vita e di cammino dei luoghi in cui viviamo e facciamo esperienza. L’azione concreta è necessaria tanto quanto pregare per la riconciliazione e la pace: la vera preghiera si trasforma in scelte reali e immediate e queste sono alimentate dalla preghiera stessa. Speriamo che grazie a questa settimana molte persone trovino pace e possano ricostruire legami e amicizie vere, spinti dall’amore di Dio “a vivere una vita riconciliata e a rompere le barriere che ci separano”. Non siamo chiamati a uniformarci: le differenze, radicate nella tradizione apostolica, sono una ricchezza e non una minaccia all’unità. “Cercare di sopprimere tali diversità è andare contro lo Spirito Santo, che agisce arricchendo la comunità dei credenti con una varietà di doni”.

Questo vale anche nelle Comunità cristiane e in tutti i gruppi, associazioni, comitati, consigli che in qualche modo dicono di ispirarsi alla fede cristiana. Occorre lasciarsi guidare sempre e solo dallo Spirito Santo, diventare Suoi amici e confidenti e vivere la diversità come possibile via di comunione e di unità. Incontrare difficoltà non deve spegnere, ma piuttosto ravvivare il desiderio di camminare e giungere alla meta possibile.

Il Padre non ci lascia soli: è con noi sempre.

Alessandro Maffiolini