A una prima vista può sembrare un titolo banale, o forse stravagante e strano. In realtà vuole solo esprimere nuovamente ciò che papa Francesco desidera comunicare con l’istituzione della Giornata Mondiale dei Poveri. Non è un tema qualunquista o inutile. È un discorso che va al cuore del Vangelo. A molte persone forse, anche a molti cristiani, non piace avere un Dio che non abolisce le differenze. Si preferirebbe un Dio che dividesse: “da una parte i giusti e dall’altra i peccatori, da una parte i ricchi e dall’altra i poveri, da una parte i vicini e dall’altra i lontani”. Gesù invece nel Vangelo ha incontrato ogni persona possibile, compresi gli esclusi di ogni genere, con lo scopo di annunciare il Regno dei cieli. Si è fatto vicino ai poveri, non per giustificare il peccato, ma per interpellare tutti alla conversione del cuore e della vita. Dio si mette con decisione dalla parte dei poveri e degli esclusi per difenderli e farli sentire Suoi figli: non fa differenza di persone e non segue le logiche del mondo. Ai poveri e agli emarginati ha fatto conoscere i misteri del “Regno”.

“Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi”. Quante volte la ricchezza si sostiene sulla povertà di una consistente parte dell’umanità: questo ormai è un dato di fatto così certo che moltissimi non ci fanno più caso. Spesso cadiamo nell’indifferenza e nell’abitudinarietà che addormentano la nostra coscienza e la nostra capacità di discernimento e giudizio. Alla fine tutto sembra normale, compresi i poveri e la volontà di non fare nulla per loro. Siamo chiamati, grazie a questa Giornata, a riscoprire la necessità della solidarietà che permette a ogni individuo di riscoprirsi in relazione agli altri e aiuta la società a riconoscersi composta da persone con pari dignità e diritti. Il Papa ci interpella a vedere i poveri non solo come destinatari di pratiche di volontariato o di “gesti estemporanei di buona volontà per mettere in pace la coscienza”: queste esperienze devono condurre a un vero e proprio “incontro con i poveri e dare luogo a una condivisione che diventi stile di vita”. Solo questa strada può permettere di tendere a essi le mani, abbracciarli e far percepire tutto l’amore possibile per rompere il cerchio dell’indifferenza e della solitudine.

“La loro mano tesa verso di noi è anche un invito a uscire dalle nostre certezze e comodità e a riconoscere il valore che la povertà in se stessa costituisce”. Non è sufficiente l’euro che si dona: occorre coinvolgersi con i poveri per far riscoprire loro la propria dignità e iniziare un cammino serio che permetta di distruggere gli ostacoli che si oppongono al pieno sviluppo economico, sociale e umano. Vanno inoltre ridefinite con spirito di giustizia le relazioni con se stessi, col prossimo e con ogni persona. Si eliminerà allora ogni abuso di denaro, di potere, di sopraffazione e di sfruttamento che alimentano solamente le situazioni di tensione, i problemi e la povertà delle persone. Le comunità cristiane e ogni battezzato devono reagire con tutte le forze per combattere queste cause e diventare così “segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi”: è un dovere evangelico che non può essere messo da parte o eluso. Il farlo significherebbe disinteressarsi della propria fede, o almeno che essa non è così decisiva da farci fare concrete nella nostra quotidianità.

Alessandro Maffiolini