L’essere umano è un ricercatore di felicità, a essa soltanto desidererebbe obbedire. Gesù lo sa e incontra il nostro desiderio più profondo e risponde. La logica umana ci fa dire che è beato chi è ricco, chi ha tutti i beni a disposizione, chi sta bene e può godere della vita e del consenso! È beato chi può fare ciò che vuole e si disinteressa degli altri. Caro lettore, sono molti, anche ai nostri giorni, quelli che si presentano come dispensatori di felicità: vengono e garantiscono il successo in tempi brevi, grandi guadagni a portata di mano, soluzioni miracolose a ogni problema, e così via. E qui è facile scivolare “fuori strada” senza accorgersi e sostituire Dio con un idolo; mettere la nostra vita nelle mani di chi non è Dio. Idolatria e idoli sembrano cose di altri tempi, ma in realtà sono di tutti i tempi! Anche di oggi. “Descrivono alcuni atteggiamenti contemporanei meglio di molte analisi sociologiche”. Non sono portatori di vera felicità, anzi vogliono portarla via ed estirparla dal nostro cuore. Nel Vangelo, Gesù dichiara beati i poveri, gli affamati, gli afflitti, i perseguitati; e mette in guardia quanti sono ricchi, sazi, ridenti e acclamati dalla gente. La ragione di questa insensata affermazione sta nel fatto che “Dio è vicino a chi soffre e interviene per liberarli dalle loro schiavitù; Gesù vede questo, vede già la beatitudine al di là della realtà negativa”. Gesù non minaccia nessuno: desidera rivolgersi a quanti oggi se la passano bene per “svegliarli dall’inganno dell’egoismo e aprirli alla logica dell’amore, finché sono in tempo per farlo”. Molte volte le sofferenze sembrano non esaurirsi mai, e anche quando ci sembra di aver contribuito ad alleviarne anche solo alcune, ecco che immediatamente ce se ne presentano altre, ancor più complesse. E sono spesso così difficili da interpretare o da superare che noi stessi ne siamo oppressi e colpiti. Il Papa ha affermato che siamo felici se “ci riconosciamo bisognosi davanti a Dio e se, come Lui e con Lui, stiamo vicino ai poveri, agli afflitti e agli affamati”. In questo modo comprendiamo che anche davanti a Dio siamo poveri, afflitti, affamati. Siamo capaci di gioia ogni volta che, possedendo dei beni di questo mondo, “non ne facciamo degli idoli cui svendere la nostra anima, ma siamo capaci di condividerli con i nostri fratelli”. Dio che è gioia, ci dona la gioia ogni volta che noi ci riconosciamo fratelli e siamo in comunione gli uni con gli altri. La vera gioia è dono di Cristo e della sua salvezza e conduce a essere uniti “come in un abbraccio” e tutti siamo legati dall’Amore e dalla carità. Entriamo in comunione con Cristo e con quanti incontriamo ogni giorno; riconosciamoli per quello che sono e scegliamo di trasformare il nostro cuore in un cuore capace di accogliere e di essere misericordioso. Dio è accanto a ciascuno, non ci abbandona mai: nelle difficoltà Lui, se lo vogliamo, può diventare luce e sostegno della nostra vita. Dio è “diventato” come uno di noi; ha un debole per noi peccatori e per noi che soffriamo. Gesù ha scelto di vivere proprio così. “Mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe anch’io”. Abbiamo la certezza che questo si possa realizzare nella nostra vita e nella nostra comunità.

don Alessandro Maffiolini