Sabato 1° febbraio è stata celebrata in diocesi la Giornata Mondiale della Vita Consacrata, con una celebrazione eucaristica in Seminario a Novara, preceduta da una mattinata nella quale il vescovo Franco Giulio ha proposto una meditazione sul tema “Essere testimoni nella vita consacrata”. Non abbiamo ancora in mano la sua relazione. È importante però ricordare che questa giornata che si celebra nella Chiesa Cattolica il 2 febbraio di ogni anno, è un’occasione per ricordare il senso di questa vocazione particolare nella Chiesa. Non si tratta semplicemente di indicare la bellezza di questa forma di vita cristiana, caratterizzata dalla professione dei consigli evangelici, ma di ricordare il senso che essa possiede per tutta la Chiesa e per la società di oggi. Il valore ultimo della vita religiosa “non sta in quello che fanno, ma in ciò che sono: segno della meta buona per cui Dio ha voluto la vita di ciascuno. Non c’è bisogno più grande nella società di oggi che indicare il senso ultimo dell’esistenza”. Pensare alla vita consacrata fa venire in mente diversi carismi e molteplici forme, un albero che si ramifica. Le persone consacrate sono segno del regno di Dio che “viene non in astratto, ma attraverso il loro modo di vivere, in castità, povertà e obbedienza, a imitazione dell’umanità di Gesù”. Questo dovremmo cogliere nel vedere e nell’incontrare una persona consacrata: un testimone coerente e umile che indica, senza mettersi in mostra o in prima fila, la strada che conduce a Cristo. Lui è il centro dell’azione pastorale, della loro preghiera e delle scelte personali e comunitarie. Chi tiene lo sguardo su Gesù impara a vivere per servire. Il servizio umile e discreto è fondamentale e dice che nella persona è presente Cristo e che il proprio egoismo è scomparso per lasciare spazio solo a Gesù. “Non aspetta che comincino gli altri, ma si mette in cerca del prossimo, come Simeone che cercava Gesù nel tempio”. Infatti, il Santo Padre ricorda che “i religiosi e le religiose, uomini e donne che vivono per imitare Gesù, sono chiamati a immettere nel mondo il suo stesso sguardo, lo sguardo della compassione, lo sguardo che va in cerca dei lontani; che non condanna, ma incoraggia, libera, consola, lo sguardo della compassione”. Quanto è bello e fortificante trovare consacrati fatti in questo modo e che vivono in una comunità religiosa capace non di sopravvivere e di rimanere chiusa in se stessa, per quanto considerata autosufficiente. Senza paura possiamo affermare che la Vita consacrata non è giocare al ribasso e non è sopravvivenza, ma è vita nuova che si apre agli altri e permette d’incontrare la fonte della gioia vera. Questo inoltre deriva dal fatto che avendo una comunità religiosa in cui ci si trova bene ed è culla dell’amore di Dio verso le consorelle o i confratelli, è più semplice essere persone che vivono immerse nelle condizioni comuni, fianco a fianco di ogni uomo e donna. Credo, dopo questa breve riflessione di uno che guarda da fuori e che ha incontrato diversi carismi e comunità religiose, che oggi i consacrati sono chiamati a vivere con umile e decisa audacia guardando al futuro in atteggiamento di umile aperto ascolto dello Spirito. Preghiamo per tutti i consacrati, per quelli che abbiamo incontrato e conosciuto, per le “Sorelle Ministre della Carità” presenti nella parrocchia di Trecate: lo Spirito Santo li riempia dei suoi doni e dei molti talenti perché siano ogni giorno profeti di speranza e possano provocare con la loro vita la risposta, un “eccomi” di altre vite che si mettano a servizio di Dio per il bene della Sua Chiesa.

don Alessandro Maffiolini