La Liturgia cristiana annuncia la salvezza mediante l’immagine di un banchetto e ci conduce così al centro del significato dell’Eucaristia. Gesù sazia una folla nella sua fame di cibo terreno, ma rivela in tal modo all’umanità che egli è il “pane vero, disceso dal cielo”: la partecipazione al dono che Gesù fa di sé impegna tutti i credenti in lui a essere solidali nei confronti di tutte le povertà diffuse nel mondo. La missione della Chiesa è soprattutto quella di farsi carico di tutta la fame di vita vera dell’umanità, nei suoi molteplici aspetti. Il mangiare è una funzione essenziale nella vita umana che quasi tutte le religioni ne fanno un simbolo e lo accompagnano con un rito liturgico. Il cristianesimo propone la salvezza sottoforma di un banchetto, che è simbolo e anticipazione del banchetto eterno. In grado di apprezzare una visione di questo genere sono soprattutto i poveri, quelli che non mangiano mai a sazietà o spesso non mangiano proprio. Anche la celebrazione eucaristica può essere vista in questa chiave: un’abbondanza di vita e, quindi, capace di donare la vita eterna. Ogni volta che partecipiamo all’Eucaristia, accogliamo il dono che Gesù fa di sé: questo ci permette di avere la pienezza di vita e allo stesso tempo c’impegna alla solidarietà nei confronti di tutte le povertà diffuse nel mondo. Il problema della fame nel mondo è certamente una delle questioni più dolorose del nostro tempo. La sua soluzione è ancora ben lontana. Lo squilibrio economico tra le nazioni sviluppate e le altre continua a registrare paurosi aumenti. “L’aiuto economico offerto dalle nazioni ricche a quelle povere è ancora troppo debole e male orientato per avviare il progresso economico e sociale dei paesi in via di sviluppo”. Ci chiediamo “se la Chiesa ancora oggi moltiplica i pani per coloro che hanno fame, o più concretamente se nel problema della fame che assilla il mondo d’oggi, la Chiesa ha qualcosa da fare oltre al suo ufficio di ricordare, senza posa, ai suoi membri i loro obblighi individuali e collettivi”. È però necessario essere convinti che la Chiesa siamo noi; e che siamo chiamati a portare a tutti il Vangelo, non solo con grandi e colti discorsi, ma anche con gesti concreti. Non è possibile rivelare il pane della vita eterna, senza impegnarsi davvero nei doveri della solidarietà umana! “L’amore dei poveri, come quello dei nemici, è il test per eccellenza della qualità della nostra carità. Riconoscere ai poveri il diritto di ricevere il pane della vita è impegnarsi fino in fondo nelle esigenze di amore; è, per il cristiano, tradurre con una nuova “moltiplicazione dei pani” su scala mondiale il beneficio che egli ha ricevuto da Cristo”. La fede cristiana ci spinge senza mezzi termini a cercare d’intervenire per aiutare i poveri: ancora di più siamo spinti a cambiare il loro stato, perché i poveri non esistano più. Certo è comodo averli per sentirci meglio con la coscienza. È necessario trasformare la società perché col tempo la povertà possa realmente scomparire e ci sia una diversa distribuzione delle risorse. Se non passassimo attraverso questa consapevolezza, la stessa parola del Vangelo diventerebbe sterile. “La preoccupazione del pane per tutti, impellente e doverosa, deve quindi sussistere e trovare ascolto nei credenti che imitano il Cristo nel provvedere ai bisogni altrui. Il cristiano deve imparare meglio a condividere”. L’annuncio di Cristo, pane di vita eterna, richiede un generoso impegno di solidarietà per i poveri, i deboli, gli ultimi, gli indifesi. Questo modo di agire è la migliore verifica della qualità della nostra fede, tanto a livello personale, quanto a livello comunitario.

don Alessandro Maffiolini