Oggi la comunicazione della “Buona Notizia” non solo è ostacolata da vere e proprie persecuzioni, ma soprattutto dalla cultura che rifiuta un pensiero forte, preferendone uno debole. Addirittura si arriva a una ricezione stanca del Vangelo o addirittura nulla: in nome di un’illusoria libertà si mette da parte la Parola di Dio per lasciar emergere unicamente le proprie opinioni, viste come verità assolute e inattaccabili. L’atteggiamento dominante arriva a negare l’esistenza di una verità: essa sarebbe inafferrabile e non comprensibile. Prevale l’opinione, per cui ciò che è vero per alcuni non lo sarebbe per altri e ciò che è vero oggi non lo sarebbe domani. Ciò che conta è l’opinione, il sentimento, il “secondo me”, il potere della scienza. Quest’ultimo elemento, poi, crea problemi non di poco conto: ad essa sempre più si affida il compito di risolvere ogni problema umano: essa però nella maggior parte, fa uso di un concetto ridotto di ‘vita’, che consisterebbe nella pura e semplice esistenza biologica, senz’altro valore e significato.

Per parlare di Dio con efficacia occorre una chiara identità cristiana. Molte volte il nostro linguaggio può sembrare incolore e distaccato, perché non siamo ancora sufficientemente convinti della bellezza della fede e del grande tesoro che c’è consegnato e che abbiamo tra le mani. Infatti, molte volte quanto annunciamo può apparire banale o straordinario in base al modo in cui è comunicato. Nessun cristiano è tenuto a essere perfetto; occorre essere autentici e credibili. Solo se riusciamo a comunicare con autorevolezza il messaggio del Vangelo, esso può raggiungere il mondo intero, le sue periferie esistenziali e donare nuova possibilità di vita e di felicità.

Abbiamo bisogno, in fondo, di amare ed essere amati. Abbiamo bisogno di tenerezza. “Non sono le strategie comunicative a garantire la bellezza, la bontà e la verità della comunicazione”. Siamo chiamati ad avere il coraggio di esprimere accoglienza e verità. Mettiamo in gioco noi stessi perché il Vangelo diventi sempre più punto di riferimento per ogni persona. Il coinvolgimento personale allora, come ci ricorda il Papa, è la radice stessa dell’affidabilità di un comunicatore. Questo ha fatto Gesù nella Sua vita ed è quanto siamo chiamati a compiere noi Battezzati ogni giorno. Pensiamo quanto potrebbe fare una comunità cristiana coerente, senza divisioni, senza odi, rancori, critiche! Avrebbe la capacità di essere dirompente in ogni situazione e di scuotere positivamente le coscienze. La testimonianza cristiana non si costruisce con il bombardamento di messaggi religiosi, ma con la volontà di donare se stessi agli altri “attraverso la disponibilità a coinvolgersi pazientemente e con rispetto per le domande e dubbi, nel cammino di ricerca della verità e del senso dell’esistenza umana”. Questo è anche quanto siamo chiamati con coraggio a recuperare noi cristiani; senza dubbio e con entusiasmo. Il Vangelo ci stimola a conoscere bene Gesù: solo così possiamo conoscere bene le altre persone, comprenderne le esperienze, ferite e gioie. La reciprocità dell’amore e della verità permette di entrare nell’altro e diventare amici autentici. L’amicizia è sempre bilaterale e si costruisce in un clima di reciproca conoscenza e fiducia. Allora anche parlare dell’avventura stupenda della fede si trasforma in un qualcosa di normale, di cui non abbiamo paura.

Ci vuole coraggio: il cristiano è l’uomo del coraggio perché Dio non ha avuto paura a farsi uomo e indicarci senza timore la strada da percorrere. Lui l’ha percorsa prima di noi. A noi l’invito a scegliere di camminare sulla stessa via.

Alessandro Maffiolini