Donne, bambine e bambini, ma anche uomini, tutti possono essere vittime della tratta che, per i più differenti motivi, non fa distinzioni né di età, né di genere. A oggi, sono circa 40milioni le persone nel mondo che si trovano in questa drammatica situazione. La maggioranza sono donne (oltre il 70%), mentre circa il 20% sono minori. Certo sono numeri alti, ma purtroppo poco veritieri e sempre espressi per difetto: le persone coinvolte sono sicuramente molte di più. Nei paesi occidentali fioriscono gruppi e commissioni di protezione dei minori dagli abusi. Si dimenticano però i milioni di persone vittime di tratta: le statistiche indicano un fenomeno in continua crescita con un aumento dei minori coinvolti. L’8 febbraio di ogni anno è celebrata la giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, istituita nel giorno della memoria liturgica di santa Bakhita, suora di origine sudanese, divenuta il simbolo universale dell’impegno della Chiesa contro la tratta. Forse questo è uno dei motivi che fa passare la giornata sotto tono e con poche persone che manifestano contrarie e chiedono interventi decisi dei governi. Forse il dire che è giornata di preghiera, nella cultura e mentalità di oggi, squalifica la lodevole iniziativa. Un figlio di Dio, comunque, sa quanto è importante e necessario fermarsi a pregare e a riflettere personalmente e insieme su un tema così importante e così antievangelico. Ogni essere umano, cioè ogni figlio di Dio è invitato a costruire insieme: alla propria famiglia, agli amici, ai gruppi di cui fa parte, alle comunità cristiane fino ad arrivare a collaborare veramente con tutti, a unire le forze, a pregare insieme, perché la tratta termini per sempre. Noi cristiani non posiamo rimanere in silenzio: questa tratta trasforma ogni persona coinvolta in puri oggetti da sfruttare, in merce da vendere. Una suora coinvolta in prima persona contro quest’abominio ha affermato: “Questa è una vergogna, non possiamo abituarci, non dobbiamo abituarci, e la preghiera è quello che ci sostiene, ciò che ci aiuta a trovare il coraggio, ogni giorno, per continuare e per non assuefarci alla banalità del male”. Inoltre, siamo sinceri, le cause sono diverse e spesso sono le stesse che provocano altre violazioni dei diritti umani. A ben riflettere si comprende come le ragioni siano le disuguaglianze e più in generale tutto un ambiente, un contesto, che ne ha un beneficio, che può essere la famiglia, ma anche la società. Questa tratta, e la storia la riconoscerà ufficialmente, è un crimine contro l’umanità: richiede l’intervento deciso dei governi e della giustizia internazionale e che ogni persona unisca le proprie forze per fermare questo crimine che minaccia i valori della società e la stessa fede in Dio. Infatti, non basta puntare il dito contro i governi o contro gli sfruttatori, se non partiamo da noi, dalla formazione delle coscienze nelle nostre comunità. Il Santo Padre, all’Angelus, infine, ha ricordato che “Per sanare questa piaga – perché è una vera piaga – che sfrutta i più deboli, è necessario l’impegno di tutti: istituzioni, associazioni e agenzie educative. Sul fronte della prevenzione, mi preme segnalare come diverse ricerche attestino che le organizzazioni criminali usano sempre più i moderni mezzi di comunicazione per adescare le vittime con l’inganno. Pertanto, è necessario da una parte educare a un uso sano dei mezzi tecnologici, dall’altra vigilare e richiamare i fornitori di tali servizi telematici alle loro responsabilità”. Preghiamo cari amici per tutto questo Dio onnipotente. Non rimaniamo alla finestra a guardare e criticare: prendiamo il coraggio di intervenire nel nostro piccolo perché le cose cambino e si dia dignità a ogni essere umano senza distinzione alcuna.

don Alessandro Maffiolini