Caro lettore, cara lettrice, in questi giorni le nostre vite sono state sconvolte, le nostre abitudini, i piccoli gesti, compresi quelli che sino a poche settimane fa consideravamo buona educazione. Tutto spazzato via. Sino a data da destinarsi. Sino alla data in cui torneremo a essere noi. Perché ora, così bloccati in casa, se siamo fortunati, facciamo fatica a riconoscerci. Tutto sembra surreale, non sembra più di abitare nelle nostre città, in quei luoghi in cui amiamo passeggiare, distrarci, dialogare per sentirci vivi e parte di un gruppo più ampio. Perché, siamo sinceri, la nostra stessa identità passava attraverso quel mare di gesti che ora non ci sono permessi. Tutto è chiuso (almeno la maggioranza). Alcuni vorrebbero ribellarsi a tutto questo. È però un grande gesto di altruismo e di alta intelligenza rimanere in casa e uscire solo lo stretto necessario. In questo modo è ancora possibile, come afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità, fermare questo virus che produce infetti e provoca morti ormai in ogni parte del mondo. Siamo tutti sulla stessa barca. Siamo tutti raggiunti dallo smarrimento e dalle preoccupazioni. Tutti, però, siamo chiamati a fare la nostra parte con senso di responsabilità, evitando di cadere sia nel sentimentalismo sia in iniziative, anche belle, ma non capaci di diminuire i contagi. Dall’altra parte è sconcertante anche il percorso quaresimale che stiamo compiendo. Nelle nostre chiese parrocchiali è impossibile celebrare l’eucaristia e qualunque altro celebrazione. Le chiese rimangono aperte per ricordare a tutti una “Presenza” che resta con noi sempre. Dobbiamo però rimanere in casa sicuramente. È però possibile ancora pregare, ascoltare la parola di Dio, a prendere decisioni per orientare la nostra vita e rendersi disponibili alle grazie che il Signore vuole farci. Sosteniamo con le nostre quotidiane preghiere tutti i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari per la loro grande dedizione mostrata in questi giorni, chiediamo che il Signore li accompagni e li protegga. “Se rispetteremo tutti le regole usciremo più in fretta da questa emergenza: abbiamo bisogno della responsabilità di 60 milioni di italiani. Siamo parte di una medesima comunità, questa è la forza del nostro paese”, una comunità di persone. “Rimaniamo distante oggi per abbracciarci con più calore, per correre più veloce, domani”. Rimaniamo a casa: è una scelta di libertà e di coraggio autentico per il bene nostro e delle altre persone. Quando tutto sarà finito, quando questo maledetto virus sarà affidato alla memoria, ricordiamoci questi momenti. “Prima di tornare a maledire il traffico, o la fila al supermercato, ripetiamoci che anche quello è parte della nostra felicità, del nostro benessere. E se proprio dovremo amareggiarci per qualcosa, con qualcuno, potremo farlo con tutti quelli che negano a intere regioni del mondo di vivere in pace, dove l’unica normalità è quella ignobile della guerra, o della malattia”. Dove niente è veramente normale, niente veramente felice. “Facciamo di questa emergenza Coronavirus una dote per la nostra consapevolezza. Di noi stessi. Del mondo intero”. Caro lettore, cara lettrice, vi sono accanto nelle vostre instancabili fatiche, vi assicuro piena solidarietà e una preghiera costante a Dio nostro Padre e al Suo Figlio Gesù, invocando l’intercessione di Maria nostra Madre, di san Giuseppe e di san Michele arcangelo. Rimaniamo a casa e trasformiamole in luoghi d’incontro con noi e con Dio.

Vostro don Alessandro Maffiolini