Pubblichiamo alcune frasi della prima meditazione tenuta dal Papa per gli esercizi spirituali dei sacerdoti nel giugno 2016.

Una sana tensione

Nella nostra preghiera, serena, che va dalla vergogna alla dignità e dalla dignità alla vergogna chiediamo la grazia di sentire tale misericordia come costitutiva di tutta la nostra vita; la grazia di sentire come quel battito del cuore del Padre si unisca con il battito del nostro. Non basta percepire la misericordia di Dio come un gesto che, occasionalmente, Egli fa perdonandoci qualche grosso peccato e per il resto ‘ci aggiustiamo da soli’, autonomamente. Non basta.

L’importante è che ciascuno si ponga nella tensione feconda in cui la misericordia del Signore ci colloca: non solamente di peccatori perdonati, ma di peccatori a cui è conferita dignità. Il Signore non solamente ci pulisce, ma ci incorona, ci dà dignità.

Simon Pietro ci offre l’immagine ministeriale di questa sana tensione. Il Signore lo educa e lo forma progressivamente e lo esercita a mantenersi così: Simone e Pietro. L’uomo comune, con le sue contraddizioni e debolezze, quello che è ‘pietra’, quello che possiede le chiavi, quello che guida gli altri. Quando Andrea lo conduce a Cristo, così com’è, vestito da pescatore, il Signore gli dà il nome di Pietro. Appena finisce di lodarlo per la professione di fede che proviene dal Padre, già gli rimprovera duramente la tentazione di ascoltare la voce dello spirito maligno che gli dice di star lontano dalla croce… Sempre questi due poli.

Dobbiamo collocarci qui, nello spazio in cui convivono la nostra miseria più vergognosa e la nostra dignità più alta. Solo la misericordia rende sopportabile quella posizione. Senza di essa o ci crediamo giusti come i farisei o ci allontaniamo come quelli che non si sentono degni. Io non mi sento degno, ma non devo allontanarmi: lì devo essere, nella vergogna con la dignità, tutt’e due insieme.

La misericordia è una commozione che tocca le viscere e tuttavia può scaturire anche da un’acuta percezione intellettuale: si intuiscono molte cose quando si prova misericordia. Si comprende, per esempio, che l’altro si trova in una situazione disperata, al limite; si comprende anche che l’altro è uno come me, che ci si potrebbe trovare al suo posto; e che il male è tanto grande e devastante che non si risolve solo per mezzo della giustizia. In fondo, ci si convince che c’è bisogno di una misericordia infinita come quella del cuore di Cristo per rimediare a tanto male e tanta sofferenza, come vediamo che c’è nella vita degli esseri umani.

Gli eccessi del Perdono

L’unico eccesso davanti alla misericordia di Dio è eccedere nel riceverla e nel desiderio di comunicarla agli altri. Il Vangelo ci mostra tanti begli esempi di persone che esagerano pur di riceverla: il paralitico che gli amici fanno entrare dal tetto nel luogo dove il Signore stava predicando; il lebbroso, che lascia i suoi nove compagni e ritorna glorificando e ringraziando Dio a gran voce e si inginocchia ai piedi del Signore; il cieco Bartimeo, che riesce a fermare Gesù con le sue grida; la donna emorroissa che, nella sua timidezza, si ingegna per ottenere una vicinanza intima con il Signore e che, come dice il Vangelo, quando toccò il mantello del Signore avvertì che usciva da lui una “forza”.

Il contatto con Gesù accende un fuoco e sprigiona la dinamica: sprigiona la forza positiva della misericordia. C’è anche la peccatrice, le cui eccessive manifestazioni d’amore, sono per il Signore segno del fatto che ha ricevuto molta misericordia e perciò la esprime in quel modo esagerato.

Sempre la misericordia esagera, è eccessiva! Le persone più semplici, i peccatori, gli ammalati, gli indemoniati, sono immediatamente innalzati dal Signore, che li fa passare dall’esclusione alla piena inclusione, dalla distanza alla festa. E questo non si comprende se non è in chiave di speranza, in chiave apostolica e in chiave di chi ha ricevuto misericordia per dare a sua volta misericordia.

La preghiera del Magnificat parla di “un cuore contrito e umiliato” che, nel suo peccato, ha la grandezza di confessare il Dio fedele, che è più grande del peccato. Situati nel momento in cui il figliol prodigo si aspettava di essere trattato con freddezza e, invece, il Padre lo mette nel bel mezzo di una festa, possiamo immaginarlo mentre prega il Salmo 50: “Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità”. E poi: “Le mie iniquità (anch’io) le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi”. Infine “Contro di te, (Padre,) contro te solo ho peccato”.

Preghiamo allora a partire da quell’intima tensione che accende la misericordia: “Distogli lo sguardo dai miei peccati, cancella tutte le mie colpe”; e quella fiducia che dice: “Aspergimi con rami d’issopo e sarò puro; lavami e sarò più bianco della neve”. È Fiducia che diventa missione: “Rendimi la gioia della tua salvezza, sostienimi con uno spirito generoso. Insegnerò ai ribelli le tue vie e i peccatori a te ritorneranno”.

A cura di Alessandro Maffiolini