Siamo ormai arrivati a una società composta di persone che fanno un sacco di cose. Quante volte ci preoccupiamo di fare, pensiamo di essere indispensabili al mondo, decidiamo che senza di noi un gruppo, un’associazione, un’azienda, una parrocchia possa crollare. La realtà, invece, ci conferma che non è così. Il mondo continua ad andare avanti anche senza di noi. Onestamente tutti dobbiamo lavorare per vivere: il problema è quando permettiamo al lavoro di occupare ogni aspetto della nostra vita e diventa la cosa più importante per la quale siamo disposti a tutto. In certe occasioni, oggi va un po’ di moda dirsi cristiani senza mostrare cosa significhi veramente: se Gesù è nella nostra vita, non può se non diventare colui al quale doniamo tutto. Non possiamo decidere noi cosa bisogna o cosa non bisogna fare con Lui. Accogliere significa “mettere la propria vita al servizio degli altri, farli diventare la parte migliore della nostra esistenza, per ascoltarli e servirli”. Dall’ascolto, infatti, si può capire ciò che è necessario alla loro felicità. Diverse volte, invece, pensiamo che siano gli altri a dover stare “ai nostri piedi”, perché noi avevamo la verità, perché noi abbiamo o siamo il potere. Essere cristiani vuol dire anche vivere con umiltà. Essa diventa il farmaco adatto al veleno del benessere che ci fa chiudere in noi stessi come ricci, ci rende “insensibili alle grida degli altri” e ci fa vivere “in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza”. Semplicemente abbiamo la possibilità di gustare fino in fondo l’incontro con Gesù, ascoltando la sua parola e seguendo senza timore i sentieri cui conduce. Lui parla ogni giorno alla nostra vita e ci indica passi da compiere per scegliere la parte migliore nella nostra esistenza. Quella che ci conduce alla vera e sola felicità. Uno strumento utile è il recuperare per ognuno di noi il valore della preghiera: non quella “a pappagallo” ma quella “fatta con il cuore” che porta “a guardare il Signore, ad ascoltare il Signore, a chiedere al Signore”. La parte migliore, allora, è quanto ci permette di camminare, ci aiuta a dare il giusto valore alle cose e ci illumina sul vero senso della vita. La parte migliore diventa allora nel capire che noi non siamo solo le cose che facciamo; possiamo costruire relazioni differenti e condividere non solo servizi, ma pensieri, sogni, emozioni, sapienza, conoscenza. Il Vangelo ci dice chiaramente che Cristo non cerca servitori, ma amici, non persone che facciano delle cose per lui, ma gente che lo lasci agire dentro di loro. Gesù non è il Dio dei momenti difficili, ma è la Persona che ci accompagna nel nostro cammino di vita. Ascoltare la Sua parola è, allora, vivere dentro ricchi, produrre frutti, vivere la vita alla luce del Vangelo. Siamo davanti alla chiamata per ogni cristiano di passare dal “primato del proprio io umano, con tutto ciò che fa’, al primato di Dio con tutto ciò che Lui fa per l’uomo”. Solo chi si lascia amare da Dio, può poi amare Lui e i fratelli. E la vita “comincerebbe a suonare con una musica dal tono totalmente diverso”.

don Alessandro Maffiolini