Abbiamo visto un’altra Colleferro, lontana dal pianto e dal clamore mediatico di questi giorni, ben diversa da quella sorta di “Bronx” della grande periferia romana emerso nella tempesta mediatica seguita all’orrendo assassinio del giovane Willy Monteiro. La vera Colleferro è diversa dall’immagine che su molti media e sui social viene ancora dipinta con aperta sufficienza e superficialità. Da domenica mattina sabato 12 settembre, giorno dei funerali, sono state pronunciate e scritte molte parole su un fatto spregevole che ha visto riunite moltissime persone con un cuore profondamente scosso e colpito.

Desidero farmi aiutare dalla bella omelia di mons. Mauro Parmeggiani, Vescovo di Tivoli e di Palestrina, pronunciata al campo sportivo di Paliano, in provincia di Frosinone, dove si sono celebrati i funerali di Willy Monteiro Duarte celebrati, un giovane di ventuno anni brutalmente picchiato e ucciso a Colleferro.

Di fronte ad una tragedia come questa in cui ancora una volta abbiamo visto una considerazione della vita praticamente “zero”, necessario far risuonare le innanzitutto le parole della fede! “Della fede in quel Dio di Gesù Cristo nel quale Willy credeva, che gli è stata trasmessa dalla sua cara famiglia, dalla sua Parrocchia e che ha illuminato ed orientato quella vita bella che in questi giorni abbiamo conosciuto”. Una vita che si è espressa in un sorriso dolce e gioioso, nell’impegno serio sul lavoro, nella passione per lo sport ma senza fanatismi di sorta, nel rispetto per gli altri e nell’impegno per loro. Un desiderio di donarsi che, lungi da quegli atteggiamenti di indifferenza che spesso chi si dice “adulto” assume, ha portato Willy, nella notte tra sabato e domenica scorsa, “a intervenire a favore di un amico per sedare una lite e conseguentemente a perdere la vita in quella forma grande che Gesù ci ha insegnato nel Vangelo di Giovanni: “Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per gli amici!”.

Nel momento del dolore, Gesù ci ricorda di non ci ha liberati dalla morte e dal peccato con la forza dei muscoli ma donando la propria vita sulla croce per amore ed assicurando la vita eterna.

“Willy – afferma il vescovo – ci insegna che l’uomo deve tornare a Dio. Senza di Lui non c’è sorriso nel cuore e sul volto, non c’è amore per l’altro, non c’è vera carità, non c’è rispetto per l’uomo, tutto l’uomo, per ogni uomo”.

Molti parlano e reclamano la libertà. Per la fede Dio ci ha lasciati liberi. Una libertà che elimina e prescinde da Dio può portare all’estremo di considerare solo se stessi autorizzati a vivere e fare quanto piace. Gli altri diventano oggetti da eliminare se si pongono contro di noi e i nostri desideri.

Per alcune persone, giovai o adulti, la vita, rivestita di apparente forza, in realtà è debolissima ed è “in balia del nulla che si maschera dietro al culto del corpo, della forza, dello sballo, dell’indifferenza, della superficialità”.

Dobbiamo riprendere forza e riacquisire il Vangelo, impegnandoci tutti “a comprometterci insieme, al di là di ogni interesse personale e senza volgere lo sguardo altrove fingendo di non vedere” e riallacciare un patto educativo a trecentosessanta gradi.

Importante, davanti al dono di una giovane vita, è che reimpariamo a fare tutto quanto possiamo per il Vangelo.

Chiediamo a Dio la forza per saper un giorno perdonare chi ha compiuto l’irreparabile. Perdonare ma anche chiedendo che essi percorrano un cammino di rieducazione secondo quanto la giustizia vorrà disporre ed in luoghi che devono essere sempre più ambienti di autentica riabilitazione dell’umano.

don Alessandro Maffiolini