Il suo significato

Siamo arrivati all’ultima Opera di Misericordia. Il pregare “per” è una forma particolare di preghiera che si chiama intercessione. Ne troviamo molti esempi nella Bibbia: Abramo, Mosè, Davide, Geremia. Essa nasce dalla consapevolezza che siamo legati l’uno all’altro, quindi non posso chiedere al Signore qualcosa solo per me, perché io non sono da solo, ma faccio parte di un corpo, perciò io chiedo al Signore che mentre dona qualcosa a me, lo doni a tutti. La preghiera d’intercessione favorisce la comunione e l’unità. Quando si prega gli uni per gli altri, è più facile andare d’accordo, sentirci in comunione. La preghiera d’intercessione è uno strumento di comunione. Quando io non prego mai per gli altri, vuol dire che non m’interessano e quindi manco di amore. Il più grande esempio di preghiera d’intercessione lo dà Gesù: molte volte Lui ha pregato per i vivi e per i morti. Per noi cristiani la più grande preghiera di questo tipo è l’Eucaristia: è il momento più alto della nostra preghiera per gli altri, perché si basa soprattutto sull’intercessione di Gesù.

È nella Messa che portiamo le intenzioni che ci muovono a implorare per i vivi e per i morti. Sono due i momenti in cui l’intercessione si fa più esplicita: la preghiera dei fedeli e la preghiera eucaristica. Dopo la consacrazione, il sacerdote invoca l’intercessione di Cristo, presente nel pane e nel vino, perché i vivi siano un solo corpo e un solo spirito e perché i morti siano per sempre nella pace di Dio. Si prega inoltre per il Papa, per il Vescovo, per tutti i ministeri, per il popolo, per qualcuno che si vuol ricordare in particolare e per “i nostri fratelli defunti che ci hanno preceduti nel regno e dormono il sonno della pace”.

Gesù ci invita anche a pregare per quelli per i quali ne abbiamo meno voglia: i nemici. Quando uno giunge a pregare per i nemici, è capace di pregare senza difficoltà per chiunque altro. Imitando Cristo, quest’Opera di Misericordia ci sottrae alla sfera dell’egoismo individuale e assume un respiro ecclesiale, diventando una forma di carità. Ogni cristiano è chiamato a intercedere. La ragione è semplice: Dio ci ama tutti; ha inviato Suo Figlio per salvare il mondo intero. Ogni battezzato ha quindi un ruolo da giocare nei confronti di tutta l’umanità. Una sapiente intercessione può aiutare a trovare e realizzare una giusta decisione o a rovesciare una decisione sbagliata. Finalità della preghiera d’intercessione non è ottenere un cambiamento nella volontà di Dio, ma far sì che la persona abbia parte ai suoi doni e si disponga ad accogliere e portare a compimento il progetto di Dio su di lui. L’uomo, creato libero e responsabile, può opporsi alla salvezza che Dio gli offre. La preghiera dei vivi per i defunti è professione della fede che afferma che la morte fisica non è la fine della vita. Per il cristiano tutto si vive nella fede in Cristo; i legami non sono interrotti dalla morte e la preghiera ci permette di ravvivarli continuamente.

Alla base vi è un legame di solidarietà nell’amore reciproco verso ogni fratello e sorella.

Gesti concreti

Donare per amore un po’ del nostro tempo e fatica di pregare; anche la preghiera è un’opera, un impegno che a volte costa molta fatica.

Dimenticarsi un po’ di se stessi, dei propri bisogni, necessità e attese che spesso rischiano di occupare tutto il cuore e di far diventare egoista anche la preghiera.

Ricordarsi che la preghiera d’intercessione costringe a convertire un po’ se stesse, i propri atteggiamenti e quindi stimola la nostra carità.

Pregare non vuol dire ricordare qualcosa a Dio; Lui sa tutto e conosce i bisogni di ciascuno. È il ricordarci di qualcuno e dei suoi bisogni mettendoci alla presenza di Dio il Padre.

Non significa disinteressarsi dell’altra persona. Occorre poi farsi vicini ai vivi e sostenerli interessandosi di loro e dei loro bisogni.

Ravvivare il nostro cammino di fede per sostenere e credere che esiste una vita oltre la morte, la vita eterna in Dio.

Tenere presente che verso i morti è sempre una preghiera doppia, perché i morti santi pregano per coloro che sono ancora nel cammino nella vita.

Ricordarsi che la Liturgia non è mai personale, ma è sempre al “plurale” (non si prega mai solo per se stessi).

Fondamentale è la partecipazione settimanale all’Eucaristia, preghiera per eccellenza per i vivi e per i morti: non basta ‘una tantum’, è necessaria costanza se davvero amiamo gli altri.

Non bloccare la preghiera davanti alle difficoltà; arrivare a pregare anche per i nostri nemici e per quanti non ci sono simpatici.

Una preghiera sincera e vera è antidoto a comunità chiuse in se stesse, litigiose, divise, pronte a farsi la guerra.

Ricordare che è un modo per non lasciare mai qualcuno da solo, ma stare vicino a chi è nel bisogno e mettersi in sua compagnia.

A cura di Alessandro Maffiolini