Alla luce del vangelo di domenica scorsa, è passato nella mia riflessione un breve pensiero. Usiamo spesso una serie di parole che cercano di parlare e descrivere quanto succede nell’attualità. Ne parliamo tutti, o tutti ne sentiamo parlare in abbondanza: e sicuramente, ognuno ha la propria interpretazione e le proprie idee, molto differenti tra di loro. Di certo, quasi tutti associamo la parola “integralismo” a un fenomeno religioso in particolare di una determinata zona geografica o comunque presente in una specifica religione molto più che in altre. Soprattutto, cerchiamo di chiarire come nella nostra religione o nel nostro comportamento, essa sia assente e centri poco con quanto facciamo. “Noi siamo tolleranti, noi rispettiamo tutti, noi accettiamo il modo di credere e di pensare di tutti, e soprattutto non obblighiamo nessuno a credere ciò che crediamo noi e a credere come vogliamo noi. Almeno, questo è quanto pensiamo”. Eppure, siamo onesti, anche tra i discepoli di Cristo, da sempre, non mancano atteggiamenti d’intolleranza, d’insofferenza, di mancanza di rispetto, di scarsa accoglienza del diverso, di non comprensione di quanti hanno idee differenti dalle nostre. Addirittura arriviamo, in nome di Dio e del bene delle persone, a cercare di eliminare chi è differente dai nostri parametri. Lo prendiamo in giro, sparliamo abilmente di lui, facciamo intendere agli altri che lui è sempre arrabbiato, non sa ascoltare, lo contraddiciamo deridendo i suoi atteggiamenti e affermando che è integralista perché vuole fare tutto lui… Non capiamo che in questo modo stiamo distruggendo una persona e stiamo buttando via la nostra fede che diventa un qualcosa di basata sulle nostre idee e non sul Vangelo. È difficile riconoscere questo, ma non impossibile; è necessaria una dose di umiltà. Non pensiamo che siano lontani da noi questi comportamenti: chi scrive li riconosce presenti nella vita di ogni giorno anche verso di lui. Per assurdo seguire Gesù Cristo significa andare fino in fondo, in maniera incondizionata ma non con gli altri, bensì con se stessi. Ritenersi i migliori e senza i quali le cose non vanno, porta solo divisione e conflitti. I cristiani sono chiamati ad avere il Maestro come solo punto di riferimento, accettare di seguire il Maestro “ovunque egli vada”. L’unico integralismo che il Vangelo sopporta è quello verso se stessi: o annunci Cristo fino in fondo, senza condizioni, come vuole lui, oppure non lo segui. Prendere o lasciare; non è possibile tenere entrambe le realtà. La parola del Vangelo è affascinante ma anche difficile. “Non possiamo discuterla né tanto meno adattarla alle nostre esigenze come un vestito da indossare. C’è un rischio da evitare: accogliere questa esortazione con tutto il rispetto che dobbiamo alla parola di Dio e poi … custodirla nel cassetto dei sogni”. Impariamo ad avere uno sguardo di benevolenza verso tutti, ricordando che tutti sono fratelli e sorelle in Gesù. La nostra felicità e la buona riuscita delle nostre varie attività si giocano tra un sano equilibrio tra il prendere e lasciare. “Dobbiamo prendere ciò che unisce e lasciare ciò che divide, prendere ciò che rispetta e ama e lasciare ciò che disprezza e non ama, prendere ciò che avvicina a Dio e ai fratelli e lasciare ciò che allontana. Solo allora potrai partire”. Infatti, se i cristiani non praticano l’amore fraterno, se le Chiese vivono nell’indifferenza o la concorrenza reciproca, la loro predicazione resta per forza lettera morta. Prendere o lasciare. A ognuno la scelta.

don Alessandro Maffiolini