Nell’Antico Testamento sappiamo che la vigna è il popolo di Israele, che Dio stesso ha costituito, fondato e poi riempito di cure premurose. Nel nuovo Testamento Gesù raduna la comunità di cui il Padre ha cura e questo “gruppo” che siamo noi, ha la sua origine in Gesù che è la vite. La vite è un’immagine molto chiara del nostro Dio. Il tronco è la nostra umanità e dentro vi scorre la linfa che è lo spirito di Dio. “Ciò che Dio vuole, che attraverso l’innesto in Cristo, la nostra sia una umanità feconda. Pensando a questo Dio vignaiolo che mette il cuore in quello che fa’, penso che la nostra prima missione è quella di sorprendere le persone ricordando a loro che sono l’oggetto della cura paterna di Dio, paterna e materna”. La nostra prima missione, quindi, è raccontare l’amore di Dio agli uomini. Si tratta di mostrare chiaramente che è un amore capace di sorprendere; che ogni uomo e donna è al centro dell’attenzione di Dio. Non siamo migliori degli altri: siamo semplicemente peccatori perdonati. Ogni battezzato è chiamato a lavorare nella vigna del Signore con le proprie capacità e qualità. L’incontrarsi e riflettere fraternamente arrivando a decisioni condivise serve per contribuire al sogno di Dio, al suo progetto d’amore sull’umanità intera. Esiste, però una tentazione grande tipica di chiunque svolga un servizio: pensare se stesso come chi invia, non sentirsi servo ma padrone, presumere di poter agire come il padrone e non più secondo un mandato preciso. Sì, diciamolo, è la tentazione di quanti guidano chiese o comunità o che svolgano un certo ruolo. A un certo punto la “vigna” è sentita come se fosse cosa loro; la presenza del Signore sbiadisce e si fa lontana; “così si sentono necessari, infallibili nel loro governare, in qualche modo padroni”. Il vero padrone, invece, è il Signore. Questa realtà va raccontata a tutti. Molti hanno dentro di se sofferenza e disperazione: sorprenderle con l’amore di Dio, è ciò che può impedire a queste persone di chiudersi in se stesse e di diventare “sterili”. “Rimanere rinchiusi nelle nostre difese, nelle nostre paure. Tutto questo spegne la vita. Allora sorprendiamo i nostri fratelli e sorelle dicendo che il padre ha cura della vigna”. E poi si prende cura delle nostre comunità, in modo particolare dei ragazzi, dei giovani, degli anziani, degli ultimi. Dio ama il loro presente, il qui e ora di ogni persona. Questo non significa richiedere subito impegno, non è necessario reclamare subito responsabilità, occorre ricreare il senso di appartenenza e far di nuovo sperimentare a tutti familiarità e comunione. La familiarità e la bellezza delle persone che sanno stare insieme cercando di andare al di là dei conflitti, di trovare le armonie. A quanti percepiscono ancora una visione opprimente della presenza del Padre, noi che ci riconosciamo figli, vogliamo opporre la gioia di essere creature amate dal Creatore. Noi possiamo lavorare come umili operai della vigna del Signore, proprio come si è definito Benedetto XVI quando per la prima volta da Papa ha benedetto i fedeli riuniti in piazza San Pietro. Come cristiani, il campo di lavoro, insieme alla responsabilità, si è allargato sempre più. Andiamo a coltivare la vigna del Signore con coraggio e totale donazione, senza aver paura delle difficoltà e delle opposizioni che, certamente, non mancheranno.

don Alessandro Maffiolini