Quanto è comodo il divano

Nei Paesi di tradizione cristiana, una cultura ormai predominante fa assumere alla non credenza un volto molto più pratico che teorico. Siamo davanti ad un fenomeno culturale nel quale spesso le persone si trasformano in non credenti perché ‘così fan tutti’. Si aggiungano poi, nei diversi sacerdoti e cristiani, più il desiderio di essere apprezzati e applauditi che la volontà di annunciare la verità del Vangelo. Questo, unito all’assenza di evangelizzazione, all’ignoranza crescente della tradizione religiosa e culturale cristiana, alla mancanza di proposte di esperienze spirituali formative capaci di suscitare stupore e di determinare l’adesione, sostituisce alla fede un sentimento religioso vago e poco impegnativo. Senza fare una discussione sulle cause, è però opportuno che ogni battezzato e le diverse comunità si sforzino di scoprire le ragioni della negazione di Dio e a intraprendere strade congrue ad una nuova evangelizzazione.

Non possiamo far finta di niente davanti ad una cultura che ci stimola a considerare l’uomo come “il centro assoluto della realtà, facendogli artificiosamente occupare il posto di Dio e dimenticando che non è l’uomo che crea Dio ma Dio che ha creato l’uomo”: siamo arrivati a costruire un mondo senza Dio o almeno senza quello annunciato da Gesù Cristo. Il rischio è di condividere la stessa mentalità e arrivare a considerare come soluzione migliore per la propria vita l’indifferenza verso gli altri e le loro situazioni. Siamo la società che comprende la realtà solo attraverso la visione di uno schermo (cellulare, computer, televisione): ma quando cerchiamo contatto con la vita concreta delle persone, allora si verifica qualcosa di forte e sentiamo l’invito a coinvolgerci. È più comodo stare nella propria casa e ‘parcheggiarsi’ sul divano, luogo che ci garantisce ore di tranquillità per trasferirci nel mondo dei videogiochi e passare del tempo di fronte al computer.

“Un divano contro ogni tipo di dolore e timore. Un divano che ci faccia stare chiusi in casa senza affaticarci né preoccuparci”. Esso diventa il luogo della nostra felicità, capace di paralizzare la nostra vita e la nostra coscienza. Per una certa società e certi tipi di gruppi è conveniente avere cristiani in questo modo piuttosto che svegli, attivi nella società, desiderosi di comprendere e decidere, capaci di portare il sogno di Dio nel mondo. Abituiamoci a tale pensiero e non scegliamo la comodità, confondendola per la vera felicità e per una presunta libertà, che invece perdiamo. Ribelliamoci a una cultura e a chi ci vuole intontiti, imbambolati, addormentati e non sicuramente liberi. Difendiamo la vera libertà delle persone e agiamo sempre secondo il Vangelo. Professarsi cristiani significa avere fede in chi ci invita ad andare per le strade sul modello di Gesù e incontrare il nostro Dio “nell’affamato, nell’assetato, nel nudo, nel malato, nell’amico che è finito male, nel detenuto, nel profugo e nel migrante, nel vicino che è solo”. Solo così abbiamo la possibilità di dirci cristiani, altrimenti non lo siamo: abbiamo però sempre la misericordia del Padre che ci accoglie, ci perdona e ci dona la possibilità di scegliere un cammino capace d’incontrare Dio nelle altre persone. A tutti allora potremo presentare Cristo e il mistero della Croce diventerà la possibilità di condividere le sofferenze, le ferite, le umiliazioni dei fratelli e donare a tutti un nuovo significato alla vita e alla felicità. Fede e vita saranno così un’unica realtà che ci spinge ad agire e a non metterci ‘comodi sui nostri divani’.

A cura di Alessandro Maffiolini