Cari lettori, la riuscita di un’esistenza non si calcola con i parametri usati nella Borsa. E i successi che contano non si misurano con l’applausometro delle platee, o con gli indici di gradimento delle folle, le persone che ti salutano o t’indicano come persona capace e perfetta. Addirittura sembrerebbe che alcuni tipi di parole sono estranee a un certo contesto, anche, se ad essere onesti, esse ci attraggono e seducono la nostra quotidianità. È il nostro umano bisogno di sentirci bravi, di sentirci adeguati, di sentirci utili. Questo vale anche per le vocazioni, i differenti ministeri e le relazioni interne alle comunità cristiane. Molte volte noi preghiamo per questo, per essere utili e avere successo nelle nostre imprese: ci accorgiamo però che non sempre quanto chiediamo si realizza, anzi quanto accade è più verso il fallimento e la demoralizzazione della nostra vita e della nostra coscienza. Don Tonino Bello ha una frase illuminante: “Da quando l’Uomo della Croce è stato issato sul patibolo, quel legno del fallimento è divenuto il parametro vero di ogni vittoria, e le sconfitte non vanno più dimensionate sulla condizione dei fischi che si rimediano, o dei naufragi in cui annegano i sogni”. E continuava con coraggio e senza misura: “Anzi, se è vero che Gesù ha operato più salvezza con le mani inchiodate sulla Croce, che con le mani stese sui malati, vuol dire, cari fratelli delusi, che è proprio quella porzione di sogno che se n’è volata via senza mai realizzarsi a dare ai ruderi della vostra vita, della mia vita come per certe statue mutile dell’antichità, il pregio della riuscita”. Frasi impregnate di umiltà e di fiducia in un Dio vicino a noi e che accompagna in ogni istante della vita: solo entrando nel mistero di Dio riusciamo a comprendere la grandezza della nostra esistenza, i grandi progetti che possiamo realizzare attraverso i molteplici doni del Padre. I nostri fallimenti ci premettono di invertire la marcia sulla strada della vita e “costituiscono il fondo di quella Cassa depositi e prestiti che alimenta ancora oggi l’economia della salvezza”. Noi tutti siamo abituati a cercare il successo, l’approvazione degli altri, impegnati in funzioni “buone” e conformi al Vangelo, non siamo più capaci di immaginare la possibilità della debolezza e del conseguente fallimento. Anzi troviamo ogni motivo per giustificarci e ricercare un colpevole esterno a noi causa di quanto accaduto (su cui poi scatenare la nostra rabbia e i nostri insulti). Non porta alcun vantaggio la mentalità mondana che richiede ci debba essere sempre e solo il successo. Nella vita, diciamolo senza paura, c’è anche il fallimento, la caduta, l’insuccesso. È altrettanto vero che la potenza di Dio si manifesta pienamente nella debolezza; nei nostri fallimenti e scoraggiamenti mostriamo la potenza di Dio che agisce nella nostra vita e compie grandi cose. “Davvero, la forza di Dio trova la sua misura nella misura della nostra debolezza”: questo è il Dio che Gesù ha annunciato e reso concreto nella propria esistenza terrena. Noi cristiani siamo discepoli di un maestro che alla fine ha conosciuto critiche, abbandoni, insulti, tradimenti. Caro lettore e lettrice, quando arriva il momento in cui siete disperati e quando il mondo vi cade addosso, guardate la Croce! “Lì c’è il fallimento di Dio; lì c’è la distruzione di Dio”. Lì esiste anche la sfida della nostra fede: la speranza. Noi siamo uomini e donne di speranza!

don Alessandro Maffiolini