Nei diversi vocabolari, il termine dialogo, in greco, deriva dall’unione di due parole “attraverso” e “discorso”: indica quindi il confronto verbale che attraversa due o più persone come strumento per esprimere sentimenti diversi e discutere idee non necessariamente contrapposte. È certamente una parola “fondamentale” per una civiltà, per uno stato e per una comunità: senza di essa, queste non possono esistere. Il dialogo è il fondamento di qualunque gruppo di persone, persino tra marito e moglie, fidanzato e fidanzato, tra amici e conoscenti. Senza di esso diventiamo solo persone che si chiudono in se pur essendo brave a “chiacchierare” solo per mostrare quanto sono capaci di fare. Spesso addirittura è il modo con cui sono al centro dell’attenzione delle persone, più per se stessi che per gli altri. Allora occorre usare attenzione e molto Vangelo perché il dialogo possa produrre i frutti sperati e non conduca a distanze ancora maggiori. Nonostante abbiamo tutti a disposizione un “arsenale tecnologico” di strumenti di comunicazione, possiamo dire, a ragione, che la moltiplicazione delle possibilità non coincide obbligatoriamente con l’aumento della nostra capacità di comunicare. Anzi sembra l’opposto e si sta andando nella direzione contraria. Addirittura non si parla con il vicino di casa che magari è solo nella porta accanto o nel piano di sopra. Per assurdo poi è il vicino che ha torto e noi siamo nella ragione. Sarebbe troppo facile se bastasse connettersi per comunicare o abitare sotto lo stesso tetto. Quante sono le comunità, le fraternità e i gruppi in cui la comunicazione è inesistente o è solo a un livello di sentimenti. Se per davvero ci interessa la comunicazione, è importante distinguere ciò che la nutre e ciò che invece, al di là delle apparenze, la rende impossibile. Si parla tanto, per esempio, di dialogo come unica via per evitare che le divergenze si trasformino in conflitto e sfocino in violenza. Ma ci siamo domandati davvero che cosa significa dialogare? “Non basta che ciascuno dica la propria opinione perché ci sia dialogo, anche se la possibilità di esprimersi con libertà è un primo indispensabile passo. L’enunciazione della propria posizione, però, ci mette di fronte alle differenze che spesso sembrano inconciliabili”. Dialogo, come abbiamo indicato all’inizio della riflessione, è un processo che mette in movimento un cammino di avvicinamento: è la possibilità concessa a ogni persona di unire ciò che è diviso. E qui nasce un’attenzione da tenere ben presente: dialogo non significa per forza ricerca di un consenso, “di una posizione sulla quale tutti siano d’accordo e che spesso diventa invece la voce del più forte che si impone sugli altri. Dialogo significa prendere sul serio le ragioni dell’altro, anche quando non siamo d’accordo”. Significa quindi andare oltre la propria posizione e “incamminarsi alla ricerca di una verità più grande di quella che già possedevamo e che, senza cancellarla, la fa progredire. Se non siamo disposti ad abbandonare qualcosa, non potremo far crescere lo spazio comune”. Diverse volte confondiamo il dialogo con l’abuso del potere, col sentire semplicemente il parere dell’altro, con una “mangiata insieme”, col divertirsi… San Francesco insegnava ai suoi frati la necessità di essere “sudditi e soggetti a ogni umana creatura per amore Dio, confessando di essere cristiani che per dialogare”. È necessario eliminare dal cuore il desiderio di predominare, di utilizzare liti, arrabbiature, discordie, diffamazioni per arrivare a questa meta. Speriamo di riuscire in questo cammino.

don Alessandro Maffiolini