Abbiamo riflettuto con una certa abbondanza di parole e una certa profondità su questo tema fondamentale per l’esistenza della Chiesa. Sembra che con i moderni mezzi di comunicazione, le distanze siano ormai ridotte: in pochi secondi posso chiamare o video chiamare dall’altra parte del mondo, posso inviare messaggi a cui ho risposta immediata. Le distanze si sono ridotte. La globalizzazione, come ha affermato Benedetto XVI, ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. Possiamo anche abitare, mangiare, lavorare, giocare insieme, ma questo non ci rende automaticamente fratelli. Inoltre le molteplici situazioni di povertà, d’ingiustizia, di potere, segnalano con evidenza non solo una profonda scarsità di fraternità, ma anche l’assenza di una cultura della solidarietà. La cultura di oggi unita alle nuove ideologie, “caratterizzate da individualismo, egocentrismo e consumismo materialistico, indeboliscono i legami sociali, alimentando quella mentalità dello scarto, che induce al disprezzo e all’abbandono dei più deboli, di coloro che vengono considerati inutili”, di quanti non corrispondono alle tue idee o non hanno la sufficiente simpatia per attirarci. Per tessere nuove relazioni di fraternità, per ricucire strappi e lacerazioni, per mettere insieme in modo ordinato le trame dei diversi “fili del tessuto”, servono mani pazienti, attente, rispettose, abili… “mani guidate dalla premurosa Sapienza-Amore di Dio”. Papa Francesco, fin dall’inizio del suo pontificato, non ha smesso di ricordare che “l’umanità porta inscritta in sé una vocazione alla fraternità, ma anche la possibilità drammatica del suo tradimento. Lo testimonia l’egoismo quotidiano, che è alla base di tante guerre e tante ingiustizie: molti uomini e donne muoiono, infatti, per mano di fratelli e di sorelle che non sanno riconoscersi tali, cioè come esseri fatti per la reciprocità, per la comunione e per il dono”. Inoltre la molta indifferenza e il grande disinteresse degli altri conducono alla morte della fraternità. Essa ha bisogno di essere scoperta, amata, sperimentata, annunciata e testimoniata. Ma è solo l’amore donato da Dio che ci consente di accogliere e di vivere pienamente la fraternità. Dagli articoli pubblicati sui precedenti Bollettini, è emerso con chiarezza come noi cristiani crediamo che nella Chiesa siamo membra gli uni degli altri. Siamo tutti reciprocamente necessari, perché a ognuno di noi è stata data una serie di talenti per l’utilità comune. Giovanni XXIII aggiungeva poi che “Una convivenza fondata soltanto su rapporti di forza non è umana. In essa infatti è inevitabile che le persone siano obbligate o compresse, invece di essere facilitate e stimolate a sviluppare e perfezionare se stesse”. L’autorità, sul modello di Cristo, non obbliga mai: propone e facilita il cammino. Proprio per tutte queste considerazioni, e illuminata dalla Parola di Dio, la Chiesa coglie in questo momento storico un’urgenza che è quella della fraternità. Il periodo infelice dell’emergenza sanitaria che ha coinvolto l’intera umanità, da un lato ha disgregato i legami per la lontananza geografica obbligatoria di tanti affetti, dall’altro ci ha fatto “interiorizzare la consapevolezza che l’altro per noi è prezioso ed è decisivo per il bene integrale della persona”. Ecco allora l’importanza di essere “Tessitori di fraternità”, ovvero il servizio che ogni credente ha da compiere verso l’umano che gli è accanto.

don Alessandro Maffiolini