Normalmente pensiamo che sia utile per eliminare dal corpo le tossine o che sia necessario farlo in preparazione di alcuni esami diagnostici. Poco ci ricordiamo che invece il digiuno parte da una concezione religiosa e poi cristiana dell’esistenza. Il digiuno e l’astinenza appartengono, da sempre, alla vita e alla pratica penitenziale della Chiesa: rispondono, infatti, al bisogno permanente del cristiano di conversione, di richiesta di perdono per i peccati, d’invocazione dell’aiuto divino, di rendimento di grazie. Inoltre, il digiuno dei cristiani trova il suo modello e il suo significato autentico in Gesù. Riconosciamo che il Maestro non impone in modo esplicito ai discepoli nessuna pratica particolare di digiuno e di astinenza. Ma “ricorda la necessità del digiuno per lottare contro il maligno e durante tutta la sua vita, in alcuni momenti particolarmente significativi, ne mette in luce l’importanza e ne indica lo spirito e lo stile secondo cui viverlo”. La pratica antica del digiuno consiste normalmente nel mangiare un solo pasto nella giornata, dopo il tramonto, cui fanno seguito, abitualmente, la riunione serale per l’ascolto della parola di Dio e la preghiera comunitaria. Nella storia della Chiesa si consolida la convinzione secondo cui quanto i cristiani risparmiano con il digiuno sia destinato per i poveri e i malati. Rimanere fermi al solo privarsi di qualche cibo o bevanda e poi continuare a vivere come se nulla fosse, non è sufficiente. Già il profeta Isaia aveva descritto quale fosse il digiuno per Dio: “Sciogliere le catene inique, rimandare liberi gli oppressi, dividere il pane con l’affamato, introdurre in casa i miseri senza tetto, vestire uno che vedi nudo”. Il vero digiuno si preoccupa della vita del fratello, non è un digiuno ipocrita. “È andare a dividere il pane con l’affamato, a curare gli ammalati, gli anziani, quelli che non possono darci niente in contraccambio”. Inoltre è inutile rispettare la regola del digiuno o dell’astinenza dalle carni e poi provare risentimento e odio verso l’altro: qualunque colpa possa aver commesso, il nostro atteggiamento annulla il “bene” che possiamo aver compiuto. Lo stesso discorso possiamo farlo anche per un atteggiamento orribile e antievangelico: il vendicarsi e il punire gli altri. Spesso giustifichiamo queste cose, come giuste per i loro comportamenti, senza renderci conto che così diventiamo peggio di loro e non siamo più giusti di loro. Certo non è facile un cammino del genere: richiede intelligenza, maturità… e fede in Dio. Solo se abbiamo il coraggio di chinarci sull’altro e afferrarlo per mano per andare avanti insieme, entriamo nella dimensione corretta e iniziamo ad acquisire la bontà che il Padre stesso usa abbondantemente con ognuno di noi. Il culto cristiano non consiste esclusivamente nell’osservanza materiale di una legge, ma soprattutto nella verità dei gesti e delle parole. Quando manca questa verità, il rischio è che anche ai nostri giorni, molti sono pronti a “stracciarsi le vesti” di fronte a scandali e ingiustizie – naturalmente commessi da altri -, ma “pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio “cuore”, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta”. La Quaresima è quindi una grande opportunità: raggiungere Cristo nel suo mistero di morte e risurrezione mediante un rinnovato impegno di conversione, cioè di rinnovamento e di cambiamento. Sarebbe bello poi un po’ di digiuno anche nell’uso dei vari mezzi di comunicazione sociale unito al particolare impegno nel vivere la riconciliazione fraterna e il silenzio per evitare parole capaci solo ad offendere, criticare e uccidere le altre persone. Buon cammino a tutti.

don Alessandro Maffiolini