Domenica 7 maggio celebreremo la 54^ Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni. È stato Paolo VI nel 1964 a volere questo appuntamento annuale per tutta la Chiesa. Aveva intuito bene, di fronte ai nuovi orizzonti dell’evangelizzazione e ai processi di secolarizzazione, l’urgenza di risvegliare nel popolo di Dio l’importanza di pregare per il dono delle vocazioni. Il rapporto tra Dio e l’uomo, per quanto concerne la chiamata, è sproporzionato, perché c’è una grande differenza “tra l’amore di Dio per la Sua creatura e la libera iniziativa dell’essere umano, che si rivolge al suo Creatore per invocarlo o per rispondere alla Sua chiamata”.

Normalmente noi esseri umani ci rivolgiamo a Dio per chiedere e ottenere aiuto, attenzione, sostegno nella prova, perdono e benevolenza, cercando di far sì che Lui compia la nostra volontà. Dio però ha sempre il desiderio di amare e donare la salvezza: per questo si è fatto uomo e ha attraversato la Passione, Morte e Risurrezione. Dio chiama da sempre l’uomo e lo fa spesso in modo imprevedibile e inaspettato: non si comporta mai allo stesso modo e la Sua chiamata è sempre originale, unica e personale. Le scienze umane e la capacità di leggere la realtà ci permettono di comprendere di essere ormai inseriti in un tempo segnato da individualismo e indifferenza, in cui è più facile e scontato pensare solo a se stessi e al proprio tornaconto. Addirittura il “bene e male” sono ridotti a un puro sentire e non più a criteri oggettivi che permettono una chiarezza nelle vicende della vita. Il tutto naturalmente non favorisce percorsi vocazionali. Occorre allora che le comunità cristiane e le Unità Pastorali Missionarie riflettano e impostino itinerari differenziati, capaci di costruire una fede che “generi una nuova mentalità, educando a sentire la vita stessa come vocazione, come dono e compito”. In questo modo possono cambiare le cose e possiamo migliorare il mondo a partire dal territorio in cui viviamo: ogni persona è chiamata a mettersi in cammino per riconoscere i propri limiti e convertire la propria vita insieme a quella dei fratelli.

Papa Francesco per la Giornata mondiale di quest’anno ha scritto un messaggio intitolato “Sospinti dallo Spirito per la missione” in cui ci mette di fronte alla dimensione missionaria della chiamata cristiana. Emerge chiaramente la convinzione che la vita si realizza non se la tratteniamo, chiudendoci in noi stessi, ma se la mettiamo al servizio del Vangelo e dell’amore. Ciò, inoltre, è contenuto nel Battesimo, sacramento che ancora molti ricevono: con esso la persona è abilitata ad annunciare e portare a tutti l’amore del Padre riversato tramite Cristo, amore che arriva a tutti senza escludere nessuno. Il credente è allora inserito in Gesù in una condizione nuova che lo conduce a una risposta libera e consapevole al dono dello Spirito. Dio allora ha il primato su tutto nella propria esistenza e facilita la capacità di costruire relazioni concrete, riconoscendo e stimando il dono degli altri. Ogni persona, ogni ministero, ogni vocazione sono una missione per gli altri e non possono essere altrimenti se vogliono portare frutto e vivere in Dio. È decisivo, infatti, “riscoprire la bellezza di una fede viva, capace di intercettare i desideri più profondi del cuore, rendendo possibile l’avventura di lasciarsi mandare da Gesù in tutti gli ambiti della vita quotidiana, a essere testimoni profetici della vita buona del Vangelo”.

Preghiamo con intensità perché ciascuno scopra la vita come vocazione e come occasione di portare il messaggio del Vangelo sino alle periferie delle nostre città.

Alessandro Maffiolini