I due termini del titolo compongono un rapporto fondamentale: l’esistenza cristiana è descrivibile sia in termini di “fede” che in termini di “carità”. Infatti, il cristiano è colui che insieme “crede” e “ama”, crede amando: cioè accogliendo, ringraziando, seguendo Gesù Cristo e quindi amando i propri fratelli. Gesù e i fratelli arrivano a identificarsi secondo le parole del Vangelo: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Un gesto a un fratello è un gesto rivolto a Cristo stesso. In altri termini la fede è chiamata a diventare sempre più la forma della vita dei singoli battezzati e delle comunità cristiana. Una comunità che relega la carità unicamente a un gruppo di persone (fosse anche la Caritas parrocchiale) e che non vive prima di tutto l’amore concreto verso gli altri, rende vano ogni cammino di fede e di misericordia. Annulla semplicemente la fede nel Padre misericordioso: le proprie priorità non sono illuminate e guidate dal Vangelo ma dai propri desideri e dalla propria volontà che diventa unico criterio di azione. La storia è piena di persone così: hanno condotto una vita più pensando a se stessi e ai propri interessi che aprendosi all’amore di Dio e degli altri. È uno dei passi del vangelo più difficili da mettere in pratica. Il cambiamento di epoca che stiamo percorrendo, è attraversato da fenomeni epocali come la globalizzazione con i suoi flussi di capitali, merci, informazioni, ma anche di persone. Questa epoca “è segnata dalle drammatiche diseguaglianze tra ricchi e poveri, che aumentano sempre di più, escludendo da una vita dignitosa intere popolazioni e quote significative di cittadini anche dei paesi più avanzati”. Di fronte a ciò, la maggior parte delle persone non è attrezzata per comprendere gli avvenimenti e non possiede gli strumenti per scorgere il punto di approdo. Al disorientamento generale, si aggiunge poi la paura di perdere il poco o il tanto che abbiamo acquisito. Infatti, troppe volte chi si dichiara cristiano riconosce negli altri dei nemici o dei ladri che vogliono portare via ciò che gli appartiene. Questi diventano inoltre persone contro cui tutti siamo convinti sia legittimo difendersi con ogni mezzo a disposizione. È decisivo allora che la fede si faccia carità, cioè arrivi a incidere sui modelli culturali, la mentalità, gli stili di vita. “Il linguaggio della carità è senza dubbio quello che ogni uomo e ogni donna comprende immediatamente, qualunque sia il suo orientamento di vita”. La fede che si trasforma nella carità per amore di Gesù, è strada privilegiata di testimonianza coerente del Vangelo e di diffusione di nuovi stili di vita cristiani. Solo così il cristiano riesce ad assumere una visione integrale dell’uomo e ha la capacità di riconoscere negli altri dei fratelli e sorelle. Dobbiamo, illuminati dall’incontro con Gesù, essere convinti che ciò che è umano è cristiano e tutto ciò che è cristiano è umanissimo: non esiste contrapposizione tra le due realtà. Il campo di azione della Chiesa e di ogni cristiano è il mondo senza distinzioni. Siamo chiamati a rendere testimonianza della nostra chiamata da parte di Dio in ogni relazione possibile. Nulla ci è indifferente. Cari amici, non dimentichiamo mai di rendere concreta la nostra fede: nel mondo di oggi serpeggia un sentimento di paura verso gli altri, ma è una paura non fondata sulla realtà: quando cerchiamo il volto di una persona, la paura diventa amicizia, vicinanza, fraternità e “carità”. Buon cammino.

don Alessandro Maffiolini