Abbiamo terminato il grande periodo pasquale e le diverse solennità che ci hanno accompagnato in queste ultime quattro settimane. Abbiamo allora davanti un lungo periodo in cui siamo aiutati a riflettere ancora di più sull’amore e sulla fedeltà della Chiesa diretta verso il Risorto e resa testimone dell’amore e delle opere di Dio in favore degli uomini. Il cosiddetto Tempo ordinario è un tempo di particolare importanza perché permette di comprendere in pienezza quanto celebrato nel periodo precedente. Infatti, quale senso avrebbe se il Natale e la Pasqua fossero vissuti come momenti isolati dai giorni ordinari, senza coinvolgere e riempire l’intera esistenza dei singoli cristiani e di tutta la comunità ecclesiale? È un tempo che abbraccia 33 o 34 settimana dell’intero anno e ha la caratteristica di una lettura più o meno continua di un testo biblico. Infatti, se nei cosiddetti “tempi forti” celebriamo solo qualche aspetto del Mistero di Gesù, nel Tempo Ordinario contempliamo e celebriamo lo stesso Mistero di Cristo nella sua interezza, nella sua identità appartenente alle prime comunità cristiane. In un mondo ingiusto e malato di egoismo seguire il Signore per compiere la volontà di Dio significa, allora, “porsi in umile ascolto della sua Parola e operare il miracolo della compassione, della solidarietà, della giustizia che genera pace”. Cari amici, mai come in questo tempo, in cui si tende ad accendere i riflettori su eventi straordinari per distogliere l’attenzione dai problemi reali di un’umanità sofferente e dal vuoto interiore che caratterizza le nuove generazioni, “è quanto mai importante connotare anche il tempo ordinario come tempo altrettanto “forte”, perché i fedeli comprendano che non esiste un tempo per credere e uno per vivere”. Per seguire Gesù non è necessario fare cose straordinarie, ma “bisogna rendere straordinario l’ordinario”, con piccoli gesti di amore, nella quotidianità della vita, là dove il Signore ci chiama. Comprendiamo così tutti, senza equivoco, che il basarsi su un certo efficientismo che si fonda sull’organizzazione, sulle opere, sulle istituzioni e sui programmi ben pensati, non serve a nulla. Facciamo delle cose: ma poi esse continuano indipendentemente da noi o si fermano? Occorre prima di queste cose, l’ascolto della parola di Dio, il confronto con il Vangelo, la fiducia in Dio, l’umiltà, la collaborazione autentica e la preghiera. Serve a poco fare statistiche, registri, canti, cerimonie, se prima non si è aiutato a iniziare a costruire una comunità che vive insieme giorno per giorno. Da un poco di anni i Papi suggeriscono l’immagine di una Chiesa povera, che non annuncia sé stessa, che non cerca sé stessa, che si distacca da ogni ricchezza e si libera da ogni alleanza o compromissione con le potenze della terra (denaro, politica, potere, cultura…) perché sa che il Regno non dipende da queste cose. Dio si serve di ben altri strumenti! Lo stesso Gesù, che dovrebbe essere il riferimento di quanto facciamo e diciamo, dopo aver mostrato ai discepoli la sua gloria sul monte Tabor, “non volle prolungare quel momento di estasi, ma scese con loro dal monte e riprese il cammino quotidiano”. Certo riprendere la quotidianità a giugno è un po’ difficile: l’estate, soprattutto quella di quest’anno, sarà particolare rispetto alle altre. Speriamo solo di essere pronti poi a settembre a riprendere con forza ed entusiasmo il periodo ordinario.

don Alessandro Maffiolini