Un cuore unificato
Mt 21,28-32

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Nei due figli, che dicono e subito si contraddicono, vedo rappresentato il nostro cuore diviso, le contraddizioni di cui Paolo si lamenta: “Non mi capisco, faccio il male che non vorrei e il bene che vorrei non riesco a farlo”. A partire da qui la parabola suggerisce la strada per la vita buona: il viaggio verso il cuore unificato, invocato dal Sal 86,11 (“Signore, tieni unito il mio cuore”), indicato dal libro della Sapienza come primo passo sulla via della saggezza (“Cercate il Signore con cuore semplice”) e dono da chiedere sempre (“Signore, unifica il mio cuore: che io non abbia in me due cuori in lotta tra loro, due desideri in guerra”). Se agisci così, assicura Ezechiele nella prima lettura, fai vivere te stesso, sei tu il primo che ne riceve vantaggio.

“Il primo figlio si pentì e andò a lavorare”. Di che cosa si pente? Di aver detto di no al padre? Letteralmente Matteo dice: “Si convertì, trasformò il suo modo di vedere le cose”. Vede in modo nuovo la vigna, il padre, l’obbedienza. Non è più la vigna di suo padre, è la nostra vigna. Il padre non è più il padrone cui sottomettersi o al quale sfuggire, ma il coltivatore che lo chiama a collaborare per una vendemmia abbondante, per un vino di festa per tutta la casa. Adesso il suo cuore è unificato.

Al centro, la domanda di Gesù: “Chi ha compiuto la volontà del padre?”. Il sogno del Padre è una casa abitata non da servi ossequenti, ma da figli liberi e adulti, alleati con lui per la maturazione del mondo, per la fecondità della terra. La morale evangelica è quella della fecondità, dei frutti buoni: volontà del Padre è che voi portiate molto frutto.

A conclusione: “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti”. Dura frase, rivolta a noi, che a parole diciamo “Sì”, che ci vantiamo credenti, ma siamo sterili di opere buone, cristiani di facciata e non di sostanza. Ma anche consolante, perché in Dio non c’è condanna, ma la promessa di una vita buona, per gli uni e per gli altri. Dio ha fiducia sempre, in ogni uomo, nelle prostitute e anche in noi, nonostante i nostri errori e ritardi nel dire sì. Dio crede in noi, sempre. Allora posso anch’io cominciare la mia conversione verso un Dio che non è dovere, ma amore e libertà.

Padre Ermes Ronchi