Lc 6,39-45

Ogni giorno ci troviamo di fronte a fatti di cronaca che non coinvolgono solo i giovani, ma anche adulti che dovrebbero avere pure imparato a distinguere il bene dal male. A meno che abbiano falsato la propria coscienza. E tutte le volte, soprattutto, per fatti eclatanti, ci domandiamo: “Come mai è potuto accadere questo”? Talmente è assurdo quello che capita: ogni volta che succede questo gli opinionisti vanno a caccia delle cause e puntualmente ci dicono che il nostro è “tempo che ha cancellato i valori fondamentali dell’uomo su cui poggia la gioia dell’esistenza”. E i valori eterni e fondamentali sono quelli che Dio, il nostro Padre, ci ha dato nelle tavole della legge. Oppure più semplicemente affermano che è venuto a mancare il “senso della vita”. Parole che dicono ben poco e spiegano nulla. La verità è che oggi si seguono falsi modelli di vita, a volte proposti dai massmedia, che si fanno riferimento di esperienze. Sono i “cattivi maestri”. Al tempo della sconfitta dei terroristi, ebbi modo di parlare con tanti di loro essere delinquenza ma via la loro, così affermavano, non voleva essere delinquenza, ma una “guerra” civile per un cambiamento della società, che mostrava vistosi segni di ingiustizia: come oggi del resto. Davanti ai tanti uccisi, fermati nel loro folle disegno, ebbero modo di riflettere su tutto. “Siamo stati ingannati dai cattivi maestri”, era la frase ricorrente. “Non siamo soldati sconfitti”, diceva uno di loro che si era dissociato, ma criminali: e dovremmo portarcelo scritto in fronte per ricordarcelo sempre. Ma ci sono oggi i “cattivi maestri”, ossia quelle guide cieche che pretendono di fare strada a ciechi? Si usa molto il termine di “riferimento”. Ossia copiare ciò che fanno altri che sono poi la moda del momento, senza chiedersi se questa è davvero la strada giusta per interpretare la vita nel modo giusto: il modo che ti realizza interiormente dandoti quella serenità di cuore che ti fa amare la vita. Ho tanti esempi nella mia esperienza pastorale che a volte mi dicono come i giovani, soprattutto cerchino “riferimenti di vita”. Basterebbe pensare alla giornata mondiale della gioventù. Nel mio piccolo, una sera giunsi ad un dibattito con i giovani in una parrocchia, completamente afono. Cercai di annullare l’incontro ma non era possibile. Al momento di prendere la parola davanti a più di mille giovani, mi trovai con il silenzio in bocca. I giovani compresero il mio dramma ed uno di loro si alzò e così espresse il sentimento di tutti: “Don Antonio, non è necessario che tu parli: basta che tu ci sia”.

Commento a cura di mons. Antonio Riboldi