NATALE IN FAMIGLIA
Lc 2,1-14

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Probabilmente non c’è nel corso dell’anno una ricorrenza che abbia un impatto così immediato e forte sulla famiglia come il Natale. E questo non solo dal punto di vista emotivo, ma anche nella sostanza. In pratica lo si avverte da tutti e a tutti i livelli: i negozi e i centri commerciali si ravvivano di richiami e di immagini, i mercatini sulle piazze, gli spot televisivi, le insegne e gli allestimenti sfavillanti per le strade… tutto parla di casa, di affetti, di bambini, di mense, di musiche in un alone che, se non è proprio quello puro del religioso e del mistero, è comunque un richiamo ed un rimando a quel mondo di affetti che ha il suo centro nella famiglia. L’occhio del credente non può non cogliere questo legame tra il Mistero dell’Incarnazione e la Famiglia. In effetti si tratta proprio del Mistero di Dio che si schiude e sboccia, per così dire, nella famiglia.

“Dio ha posto la Sua dimora in mezzo a noi… è nato per noi un bambino, un figlio ci è stato donato” (Is 9,5). Non si può immaginare un Dio più vicino di così, così “in”, come si direbbe con un linguaggio televisivo, un Dio “in famiglia”, appunto!

Sicuramente balza all’occhio anche la commercializzazione del Natale, il suo pesante spessore materialistico e gaudente, che spesso lo incrosta e non di rado anche con delle grossolane contraffazioni, un po’ carnevalesche, di Babbo Natale e della Befana. Il tutto viene infarinato con qualche spruzzata di buonismo, come lo zucchero vanigliato sul pandoro. Ma tant’è: tutto rifluisce in qualche modo sulla famiglia, ne esprime ed esalta l’appartenenza ed i sentimenti o suscita la nostalgia, a volte pungente di essa, quando questa non c’è più o non c’è abbastanza.

Se poi si pensa che questa realtà di ‘Dio in famiglia’ perdura nel tempo della vita di Nazareth per 30 anni, con tutti i risvolti delle vicende domestiche e dell’esperienza feriale di una casa, di una bottega di falegname, tutto questo è davvero stupefacente.

Non si può dire che Dio non abbia scelto la famiglia e ne abbia fatto, come ha detto san Giovanni Paolo II, “strada di salvezza”. E non ci scoraggi quell’inevitabile confusione che caratterizza queste feste: la casa non potrà mai essere un monastero… e beati noi se sapremo anche far spazio all’ospitalità per chi di confusione non ne ha proprio, perché afflitto dalla solitudine. La pedagogia dell’Incarnazione ha messo in conto anche questo. Betlemme per prima non è stata una reggia e neppure un salotto tirato a cera che profumava di pulito e c’era pure una mangiatoia e probabilmente anche qualche animale.

Don Dino Bottino