CHIAMATI A ESSERE SAMARITANI
Lc 10, 25-37

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“Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico”. Seguono poche righe, uno dei racconti più brevi al mondo, e più belli, in cui sono condensati il dramma e la soluzione di tutta intera la storia umana. Un uomo. Non sappiamo il suo nome, ma sappiamo il suo volto: ferito, colpito, terrore e sangue, faccia a terra, non ce la fa. È il volto eterno dell’uomo. Il mondo intero passa per la strada che va da Gerusalemme a Gerico. Nessuno può dire: “Io faccio un’altra strada”, nessuno può dirsi estraneo alle sorti del mondo. Ci salveremo tutti insieme, o salvezza non sarà.

“Un sacerdote scendeva per quella medesima strada”. Il primo che passa è un prete, un uomo di Dio. Vede l’uomo a terra, lo aggira, passa oltre. Oltre la carne e il dolore dell’uomo non c’è Dio, non ci sono il tempio e il culto solenne, c’è solo l’illusione di poter amare Dio senza amare il prossimo, l’illusione di sentirci a posto perché credenti, il pericolo di una religiosità vuota. L’appuntamento con Dio è sulla strada di Gerico. Percorri l’uomo e arriverai a Dio (Sant’Agostino).

Il secondo che passa è un levita. Forse pensa: “Ma perché Dio non interviene Lui stesso a salvare quest’uomo?”. Dio interviene sempre, ma lo fa attraverso i Suoi figli, attraverso di me. La Sua risposta al dolore del mondo sono io, inviato come braccia aperte.

Invece un Samaritano, un eretico, un nemico, mosso a pietà, gli si fa vicino. Sono termini di una carica infinita, bellissima, che grondano di luce, grondano di umanità. Non c’è umanità possibile senza la compassione, il meno sentimentale dei sentimenti, il meno zuccheroso, il più concreto: prendere su di me il destino dell’altro. Non è spontaneo fermarsi; la compassione non è un istinto, ma una conquista. Come il perdono: non è un sentimento, ma una decisione.

Il racconto di Luca adesso mette in fila dieci verbi per descrivere l’amore: lo vide, si mosse a pietà, si avvicinò, scese, versò, fasciò, caricò, lo portò, si prese cura, pagò… fino al decimo verbo, “Al mio ritorno salderò…”. Questo è il nuovo decalogo, i nuovi dieci comandamenti, per tutti, perché l’uomo sia promosso a uomo, perché la Terra sia abitata da “prossimi”, non da avversari. Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, un uomo fortunato. Perché l’esperienza di essere stato amato gratuitamente, anche una sola volta nella vita, riempie di senso per lungo tempo la vita stessa, risana in profondità chi ha subito violenza e si è sentito calpestato nell’anima.

Ma chi è il mio prossimo? Gesù risponde: “Tuo prossimo è chi ha avuto compassione di te”. Allora ama il prossimo tuo, ama i tuoi samaritani, quelli che ti hanno salvato, rialzato, che hanno pagato per te. Impara l’amore dall’amore ricevuto. Diventa anche tu samaritano.

padre Ermes Ronchi