LIBERA RISPOSTA ALL’AMORE DI DIO
Lc 17,11-19

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Dieci lebbrosi all’ingresso di un villaggio: nove giudei e un samaritano, insieme. La sofferenza li ha uniti, la guarigione li separerà. Insieme pregano Gesù. Notiamo il dettaglio: subito, senza aspettare un secondo di più, appena li vede, Gesù manifesta ‘un’ansia di guarirli’. La Sua fretta mi ricorda un verso bellissimo di un autore: “Affrettiamoci ad amare, le persone se ne vanno così presto! Affrettiamoci ad amare…”. Gesù disse loro: “Andate a presentarvi ai sacerdoti”. E mentre andavano, furono purificati. Sono purificati non quando arrivano dai sacerdoti, ma mentre camminano, sui passi della fede. Nove dei guariti non tornano: scompaiono nel vortice della loro felicità, dentro gli abbracci ritrovati, ritornate persone piene, libere. Unico, un eretico straniero, torna indietro e lo fa perché ascolta il suo cuore, perché intuisce che la salute non viene dai sacerdoti, ma da Gesù; non dall’osservanza di leggi e riti, ma dal rapporto vivo con Lui. Per Gesù conta il cuore e il cuore non ha frontiere politiche o religiose. Il centro del brano è l’ultima parola: “La tua fede ti ha salvato”. Nove sono guariti, ma uno solo è salvato. Per fede.

Nel racconto possiamo distinguere i passi fondamentali del cammino del credere: ho bisogno, mi fido, ringrazio e mi affido. La fede nasce dal bisogno, dal grido universale della carne che soffre, dalla nostra fame di vita, di senso, di amore, di salute, quando non ce la fai e tendi le mani. ‘Mi fido’. Il grido del bisogno è ricco di fiducia: qualcuno ascolterà, qualcuno verrà, già viene in aiuto. I dieci si fidano di Gesù e sono guariti. Ma a questa fede manca qualcosa, una dimensione fondamentale: la gioia di un abbraccio, una relazione, una reciprocità, una risposta. Terzo passo – ‘ringrazio’ – è compiuto dallo straniero. Il filosofo Hegel dice: “Pensare è ringraziare, perché siamo debitori, di tutto”. E il poeta Turoldo: “Io vorrei dare una cosa al mio Signore, ma non so che cosa; ecco, la vita che mi ha ridato, la rendo nel canto. Allora corro da Lui, mi stringo a Lui, come un bambino alla madre, come l’amato all’amata, quando ciascuno mette la propria vita, e i sogni e il futuro, nelle mani dell’altro”.

Tutti hanno ricevuto il dono, uno solo ha risposto. La fede è la libera risposta dell’uomo al corteggiamento di Dio. È entrare in contatto con la madre di tutte le parole religiose: “Grazie”. Voglio fare come quello straniero: domani inizierò la mia giornata tornando a Dio con il cuore, non recitando preghiere, ma donandogli una cosa, una parola: “Grazie”. E lo stesso farò poi con quelli di casa. Lo farò in silenzio e con un sorriso.

padre Ermes Ronchi