1.071 inviati dal Santo Padre

Il Papa, lo scorso mercoledì delle Ceneri, ha messo in atto quanto aveva affermato nella Bolla d’indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, inviando in tutte le diocesi del mondo i “Missionari della Misericordia”. Essi provengono dalle diverse parti del mondo e dovranno “essere segno vivo di come il Padre accoglie chi è in cerca del Suo perdono; artefici presso tutti di un incontro carico di umanità, sorgente di liberazione, ricco di responsabilità per riprendere la vita nuova del Battesimo; predicatori convincenti della Misericordia; annunciatori della gioia del perdono; confessori accoglienti, amorevoli, compassionevoli e attenti specialmente alle difficili situazioni delle persone”. È sicuramente una grande responsabilità, perché chiede di essere in prima persona testimoni della vicinanza di Dio e del suo speciale modo di amare: molto diverso dal nostro, limitato e contraddittorio e alcune volte poco incline alla misericordia. Il Papa ha invitato questi sacerdoti a esprimere, nel loro ministero, la maternità della Chiesa. Essi sono la Chiesa che si fa vicino a quanti sono lontani da Cristo, manifestando il suo amore: un amore che genera sempre nuovi figli nella fede. La Chiesa è Madre perché nutre questa fede e offre il perdono di Dio, rigenerando a una nuova vita. Solo così un penitente si può sentire parte di una comunità e comprendere di essere lui stesso inserito nel Corpo di Cristo. Sono chiamati, con l’aiuto di Dio, a penetrare nel cuore dei più deboli e di coloro che si sentono più lontani dalla Chiesa. La loro missione, in fin dei conti, è di andare oltre le “frontiere”. Esiste la necessità di discepoli missionari sostenuti dalla preghiera, che siano in grado di mettere in atto il gesto misericordioso perché “la misericordia non è una questione teorica ma un mistero della fede che opera quando uno agisce”. La Chiesa ha sempre parlato delle opere di Misericordia corporale e spirituale e questi “missionari” sono chiamati dal Papa a essere “predicatori convincenti della Misericordia” e a “penetrare nel cuore delle persone e provocarle a ritrovare la strada per ritornare al Padre”. Inoltre, come tutti i confessori, ma con più intensità e forza, dovranno ricordarsi sempre che davanti a loro “c’è una persona nuda e anche una persona che non sa parlare, non sa cosa dire, con la sua debolezza e i suoi limiti, con la vergogna di essere un peccatore”. Non va’ mai dimenticato: dinanzi a loro non c’è il peccato, ma il peccatore pentito. Essere missionario della Misericordia, inoltre, implica la chiamata a non giudicare mai, a non sentirsi superiori: “Essere confessore secondo il cuore di Cristo equivale a coprire il peccatore con la coperta della Misericordia, perché non si vergogni più e possa recuperare la gioia della sua dignità filiale”.

Ricostruire e far nascere figli di Dio imprigionati dal male: proprio per questo essi avranno particolari facoltà circa anche quei peccati riservati alla Santa Sede. Solo così il nome di Dio è Misericordia.

Milioni di battezzati mandati da Gesù

Il mercoledì delle Ceneri ha permesso ai cristiani di fare una scoperta sensazionale: essa si può percepire anche nella grande città di Trecate, alcune volte un po’ chiusa in se stessa, ma con l’occasione di “spalancare le proprie porte”. Il Battesimo ricevuto purifica dai peccati, ci rende partecipi della natura divina e ci fa tempio dello Spirito Santo: siamo così capaci di amare Dio, di sperare in Lui, di vivere e agire alla luce della Parola per mezzo dei doni dello Spirito. Non siamo immuni dal peccato, perché la nostra libertà può prendere strade differenti da quelle di Dio. Qui s’inserisce l’intima esigenza presente in ogni essere umano di chiedere perdono: nel confessionale è Cristo che accoglie, ascolta, perdona e ci dona la pace. Lì ricevo il Suo abbraccio di amore che mi rigenera come figlio di Dio e mi dona la capacità di essere portatore del perdono che ho ricevuto gratuitamente e non per merito mio. Nelle relazioni con le altre persone, il Battesimo mi stimola ad assumere gli stessi atteggiamenti di Cristo che sperimento e ascolto ogni domenica nella Sua Parola. Infatti, il giorno del nostro Battesimo “ci viene dato anche un altro nome, in aggiunta a quello che ci danno mamma e papà, e questo nome è Cristoforo” cioè portatore di Cristo. E questo altro non è che annunciare a tutti la Misericordia del Padre che Cristo ci ha dato e fatto sperimentare nella Sua vita e nella Pasqua. I doni che ci sono fatti, ogni volta che ci confessiamo e facciamo comunione con l’Eucaristia, non sono un fatto privato, ma una realtà pubblica che ci rende strumenti vivi “perché anche altri possano ricevere lo stesso dono”. Solo il Vangelo vissuto con coerenza e senza paura può toccare il cuore delle persone e renderle abili a essere inondate dalla Misericordia: la santità della nostra vita diventa principio di rinnovamento e di riforma anche della comunità parrocchiale. Solo “la santità si nutre di amore e sa portare su di sé il peso di chi è più debole”. Un vero trecatese ha il coraggio di portare sulle spalle i propri fratelli più deboli, ha il desiderio di donare consolazione ai sofferenti e ai “lontani”; è capace di confortare gli altri con la forza della compassione. Non servono riunioni, parole, studi teologici o lauree; è necessario solo Cristo, morto e risorto, che è diventato il “tutto della mia vita”. Io ruoto intorno a Lui, centro della mia esistenza: io trecatese agisco secondo quanto Lui mi dice ogni settimana nell’Eucaristia. Essere missionari della Misericordia significa avere il coraggio di costruire relazioni basate sull’accoglienza dell’altro e sulla capacità di essere veri e onesti in ogni cosa. È il saper esercitare il proprio ruolo nel servizio disinteressato e nell’umiltà che diventa pronta a compiere un passo indietro per il bene dei fratelli e della comunità: non dobbiamo portare scandalo, né essere persone tiepide che conducono altri a scegliere il minimo, quasi a fermarsi nel cammino di fede. “Vivere di Misericordia ci rende missionari della Misericordia”.

Alessandro Maffiolini