Sul modello del grande Santo

Potrà forse sembrare un articolo strano, ma tocchiamo una realtà fondamentale per il nostro Oratorio. Esso è il luogo del nostro essere educatori, quindi del nostro impegno tra i ragazzi, tra i giovani, per parlare della nostra vita (perché l’animazione dovrebbe essere la nostra vita, non solo una parte di essa). San Giovanni Bosco ci stimola a capire che lo stile educativo è un qualcosa che “devo vivere io”, proprio per quella logica che per dare una cosa devo per forza possederla, “averla dentro”. Don Bosco non ha mai potuto improvvisare: se lui prendeva sul serio l’educazione dei suoi ragazzi, a maggior ragione noi dobbiamo far diventare lo “stile educativo” il nostro stile personale di vita. “Ricordatevi che l’educazione è cosa di cuore, che Dio solo ne è il padrone e noi non potremo riuscire a cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l’arte e ce ne dà in mano le chiavi”. Dobbiamo prima di tutto vivere in un ambiente realmente educativo, in cui la fede diventi il collante di tutti quelli che partecipano all’esperienza dell’Oratorio, uniti e capaci di una testimonianza coerente. Inoltre dobbiamo sentirci protagonisti di quest’ambiente privilegiato e scelto dalla comunità cristiana come campo per allenare le giovani generazioni. Essere educatore, ci ricorda don Bosco, non può prescindere da un discorso di fede, non si può rifiutare: deve esserci per tutti un graduale incontro con Dio, in un rispetto delle tappe e dei ritmi di ciascuno. Con un progetto del genere, “l’ambiente è regolato: a chi si inserisce si chiede, come minimo, disponibilità a fare un cammino, non importa con quali ritmi o risultati. Si chiede la volontà di costruire insieme e non soltanto di adoperare in maniera anonima impianti e attrezzature”. È un grande insegnamento che dovremmo tenere ben presente e non dimenticare troppo velocemente. La Misericordia può ancora una volta venire in nostro aiuto e permettere a tutti e al nostro Oratorio di essere un luogo “meno freddo e più giusto”, in cui si vive appieno l’accoglienza delle altre persone. Siamo chiamati ad avvicinarci e abbassarci alla vita di chi incontriamo, senza paura, con la certezza che Dio è con noi e ci sostiene. Alla fine, Misericordia ed educazione sono cose di cuore: tutto il lavoro parte da qui, e se il cuore non c’è, il lavoro è difficile e l’esito è incerto. “I giovani non solo siano amati, ma essi stessi conoscano di essere amati”. Gli educatori in un Oratorio, quindi, “devono amare ciò che piace ai giovani: in questo modo i giovani ameranno ciò che piace a loro”. Bisogna che si rompa la barriera della diffidenza, perché “senza familiarità non vi può essere confidenza e quindi educazione”. La Misericordia ci permette inoltre di presentarci con chiarezza e senza maschere ai giovani o adolescenti. Coerenza e onestà aprono la strada al cuore delle persone, le stimolano a camminare con noi e danno il coraggio di affrontare le questioni della vita quotidiana secondo modalità alternative a quelle dominanti.

 

Nella nostra bella comunità

Capita che quando un ragazzo diventa animatore, la prima cosa che usi è la forza. Sembrerebbe quasi naturale: poco prima si lamentava di essere “costretto” a fare delle cose, ma appena lui è nel ruolo di educatore non accetta mediazioni e rischia d’imporsi. Se un bambino non vuole giocare, lo si costringe. È un esempio che esprime un problema più serio: si può educare con la Misericordia? Non è più educativo il rigore, le regole, la chiarezza? Una certa imposizione sembra essere una medicina che riesce a mettere ordine e a dare obiettivi raggiungibili e chiari. La Misericordia appare un po’ debole nella relazione educativa e pastorale: ha bisogno di tempi lunghi, di pazienza, non appare tanto funzionale e nemmeno applicabile in termini di uguaglianza. I più distanti dagli Oratori parrocchiali hanno bisogno di più Misericordia; il problema è come spiegarlo a quanti sono più vicini. Supponiamo che

questi ultimi vivano l’esperienza della Misericordia e siano i primi a promuoverla nelle loro scelte quotidiane. Altra questione è come metterla in pratica nello sport e nei rapporti con quanti sono presenti in quest’ambiente. Inoltre è vero che nel nostro Oratorio san Giuseppe, quanto è inventato e proposto come attività ha lo scopo unico di far incontrare la persona di Cristo. Il metodo di Dio diventa normativo per noi, anche se può andarci stretto e sembrarci poco pratico: Lui non decide di manifestarsi con la forza o con eventi magnifici, ma con la dolcezza. È un sentimento umano e divino. La dolcezza, l’amore, l’umiltà, in definitiva la Misericordia, sono il Dna di Dio, la “formula che più manifesta la Sua presenza” in mezzo a noi. Quanti si occupano della pastorale giovanile, suore, animatori, allenatori, baristi, volontari del cinema e chi collabora in Oratorio, hanno il compito primario di arrivare ad incontrare Cristo e di assumere i Suoi atteggiamenti e la Sua mentalità. In questo modo riescono a trasmettere parole e stili di vita capaci di contagiare i ragazzi affidati. In Oratorio dobbiamo raggiungere il cuore e la mente di ogni persona: fondamentale diventa il porsi in ascolto della Parola di Dio e nutrirci settimanalmente della Comunione con Gesù. Solo in questo modo diventiamo capaci di Misericordia nei rapporti tra di noi e con le altre persone. A poco a poco è quasi spontaneo costruire un Oratorio e una comunità cristiana che “abbiano il sapore del Vangelo e plasmare addirittura una società in cui ci sia un po’ più di bene, di accoglienza, di comprensione e di perdono”. Non è necessario essere ‘adulti’ per iniziare a cambiare il mondo: fin da piccoli, grazie alle esperienze e alle attività fatte in Oratorio, si può scegliere di “essere discepoli del Signore e trasformare la terra, come ha fatto Lui”. Nel nostro Oratorio costruiamo innanzitutto una vera e propria “cultura della Misericordia, da condividere con tutti, generando percorsi di pace e fraternità che possano contagiare molta gente, dai più piccoli per arrivare sino alle famiglie e, ancora di più, alle situazioni dove si vivono forme di disagio e sofferenza”.

Alessandro Maffiolini