Carta d’identità dei cristiani

Nuovo e inaudito, davvero è uno scandalo: questo è il comandamento consegnato da Gesù nel momento più drammatico della sua vita umana. Diciamolo subito, esso ha due aspetti fondamentali: la reciprocità e la totalità; l’una diventa pienezza per l’altra; l’una riempie il vuoto, le fragilità e i limiti dell’altra. La reciprocità dell’amore è un cammino lungo e faticoso, fatto di tappe da scoprire e inventare ogni giorno; la totalità dell’amare è una scelta di campo, uno stile di vita guidato unicamente da logiche di gratuità e di dono. È semplicemente dono, puro e gratuito, fatto senza volontà di pretesa né di contraccambio alcuno. Solo con queste caratteristiche possiamo proseguire il cammino cristiano e trasformarci in fratelli, sorelle, “amici”.

L’amore diventa la carta d’identità che segna l’appartenenza alla nuova famiglia dei credenti: un amore alla maniera del Maestro. Gesù non accentra l’interesse su di Sé, non chiede nulla, proprio perché è normale per il credente riversare l’amore sull’uomo, su chi è stato fatto a immagine e somiglianza di Dio. La novità che Gesù inserisce in un qualcosa di antico consiste nella Sua persona: Lui ha amato in un modo completamente diverso, rendendolo così possibile per gli esseri umani. Gesù ama sempre, senza guardare in faccia, ama perché non vuole fare diversamente, ama anche Giuda, il traditore. Questo è il comandamento nuovo, perché nuovo è il contenuto e perché nuova è la possibilità di realizzarlo; è nuovo perché rinnova dall’interno chi ama e chi è amato. È il segno distintivo della nuova comunità appartenente a Gesù: non è una ritualità, né una condivisione di conoscenze, ma solo la visibilità dell’amore.

Per essere vero, il comandamento nuovo deve apparire nello spontaneo vivere dei membri della comunità. La novità dell’amore (la gratuità e la disponibilità assoluta), sarà possibile solo se i battezzati sapranno lasciarsi amare da Gesù, con quell’amore che ha in sé la possibilità della fedeltà e della coerenza. Per noi molte volte è difficile accettare l’amore di Dio: è difficoltoso accettare Gesù che ci vuole servire, è impegnativo far accettare ad altri un nostro servizio, perché è più facile amare che lasciarci amare. Si deve però prima riconoscere la necessità per la nostra vita di farsi amare da Cristo. Dobbiamo credere e sapere che al primo posto ci deve essere l’amore per Gesù. Il dare liberamente il proprio amore a Lui permette nel credente di far nascere un dono che lo rassicura di non essere stato abbandonato e lasciato solo. Prima di ogni norma c’è l’amore: è la condizione che rende possibile mettere in pratica le esigenze dell’amore perché solo se uno ama agisce. Allora si vivono anche tutti i comandamenti e soprattutto si mette in pratica la Parola che è seminata in ogni persona. Amare non è buonismo ingenuo, ma sequela del Buon Pastore che ci guida alla felicità.

Cristo è l’esempio da seguire

I battezzati sono quelli che cercano di vivere appieno il nuovo insegnamento che Gesù ci ha lasciato come testamento. Il comandamento dell’amore può metterlo in pratica chi vive una profonda relazione con il Padre, così come accade nella vita quotidiana di ognuno. La causa che muove il nostro cuore all’amore di Dio è l’amore che Egli ha avuto per noi. Questo spinge a donare se stessi con tutto ciò che si ha, senza che rimanga altro da fare. Infatti, prima di essere un comando, è un dono, una realtà che Dio ci fa conoscere e sperimentare, così che possa germogliare dentro di noi e crescere nella nostra vita. Un padre o una madre non amano i figli solo quando lo meritano o mettono in atto i loro consigli: li amano sempre, anche se fanno capire loro quando sbagliano. Gesù ci educa a volere sempre e solo il bene e ci aiuta a guardare l’altro non solo con i nostri occhi, ma con il Suo stesso sguardo, che è lo sguardo del Padre. È un vedere che parte dal cuore, non si ferma alle apparenze e riesce a penetrare nel profondo delle persone per comprenderne le attese più autentiche.

Esiste poi una “controindicazione”: quando mi apro all’altro, lo accolgo così come egli è, sono pronto ad aiutarlo, io mi apro automaticamente a conoscere Dio, a percepire la Sua presenza e ad arrivare a comprendere che Lui è buono e pronto a farsi dono per me. Amare Dio e amare il prossimo sono inseparabili: Gesù lo mostra nella Sua persona e in tutta la Sua vita, non tanto a parole, ma con la testimonianza portata fino all’ultimo, alla Croce. Essa è il grande segno del “duplice” amore che è rinnovato ogni volta che partecipiamo da protagonisti all’Eucaristia e ci nutriamo di questo stesso amore. Non stiamo parlando di una realtà che si trova al vertice, quasi che sia una meta irrealizzabile e difficoltosa da raggiungere.

Nei Vangeli l’amore è invece al “centro”, perché è il cuore da cui tutto parte, ritorna, fa riferimento: senza esso non è possibile esistere né come persone né come cristiani, ma ci attende solo l’indifferenza, l’egoismo e tutto quanto ci porta alla morte. Siamo chiamati a riscoprire che Dio ama da sempre e diventa sostegno di tutta la nostra vita: in questo modo abbiamo la possibilità di superare gli ostacoli e le prove, comprendendo che non possiamo fare a meno di testimoniarlo al mondo e agli altri, senza fare differenze. Gesù presenta come motivo e modello del nostro amore la Sua stessa persona. Solo così l’amore è davvero cristiano, portando in sé la vera novità del cristianesimo: esso è per tutti senza distinzioni ed è capace di arrivare alle estreme conseguenze, non avendo altra misura che “l’essere senza misura”.

Le parole di Gesù, soprattutto il porre la Sua vita come esempio da seguire, diventano stimolo a non adagiarci su quanto abbiamo potuto realizzare, a non accontentarci di come siamo, ma ci spinge a rimanere in cammino e a non avere paura.

Alessandro Maffiolini