Tra tutte le Chiese cristiane

Da quasi un secolo la settimana di preghiera per l‘unità dei cristiani, nell‘emisfero nord, va dal 18 al 25 gennaio, compresa tra la festa della cattedra di san Pietro e quella della conversione di san Paolo; assume quindi un significato simbolico. Nell‘emisfero sud, in cui gennaio è periodo di vacanza, le chiese celebrano la Settimana di preghiera in altre date. È un’iniziativa ecumenica celebrata annualmente: sono giorni preziosi per ricordare a tutti come l’unico fondamento su cui la Chiesa e ogni Comunità sono costruite sia Gesù Cristo. Lui diventa anche la ragione di un forte impegno ecumenico e di un dialogo senza pregiudizi. Questo è un compito primario per ogni cristiano: ricostruire l’unità. La Chiesa è “una e santa” ed esclude per sua natura ogni divisione: esse, però, esistono per la mancanza di umiltà e l’incapacità di riconoscere i nostri fratelli. Siamo davanti ad una proposta spirituale quanto mai preziosa. Si tratta di un tempo dedicato alla preghiera per l’unità di tutti i battezzati, secondo la volontà di Cristo “che tutti siano una cosa sola”. Ogni anno un gruppo ecumenico di una regione del mondo suggerisce il tema e prepara dei sussidi da usare. Dobbiamo tutti riconoscere sinceramente e con dolore che “le nostre comunità continuano a vivere divisioni che sono di scandalo” per il mondo. Le divisioni, infatti, “indeboliscono la credibilità e l’efficacia del nostro impegno di evangelizzazione e rischiano di svuotare la Croce della Sua potenza”. Dobbiamo riconoscere i doni fatti da Dio a tutte le Chiese e le Comunità cristiane. Va’ visto quanto il Signore compie negli altri e, addirittura, occorre arrivare a riconoscere che “è bello trovare in altri cristiani qualcosa di cui abbiamo bisogno, qualcosa che potremmo ricevere come un dono dai nostri fratelli e dalle nostre sorelle”. Questo permette di aprirsi agli altri e di cominciare un dialogo capace di riavvicinarci, di comprenderci. Dio, di fatto, ci ha scelto non come un privilegio: ci ha resi santi nel senso che i cristiani sono chiamati a raggiungere uno scopo. “Siamo santi solo nella misura in cui siamo impegnati nel servizio a Dio, che è sempre quello di portare il Suo amore a tutte le persone”. Essere il popolo di Dio significa essere al servizio del mondo. Guerre, conflitti e abusi hanno ferito la vita cristiana a livello emotivo e relazionale. La Grazia di Dio ci può aiutare a chiedere perdono per gli ostacoli che impediscono la riconciliazione e la guarigione, a ricevere Misericordia e a crescere nella santità. Facciamo un passo in avanti, senza paura, con il coraggio che deriva da quel Dio che si è fatto uomo e ci indica il cammino da seguire.

Nella comunità di Trecate

La Comunità cristiana di Trecate dev’essere indomabile; non può rassegnarsi mai al fatto che l’unità non emerga; non può stancarsi mai; non può mai perdere la pazienza; non può rinunciare mai; non può mai diventare rabbiosa, né mai dichiarare fallimento. “Anche quando le cose dovessero andare male a causa dei nostri peccati o di altri condizionamenti, al punto che la separazione ci dovesse apparire, su questa terra, inevitabile e l’unità irrealizzabile”, il cristiano è tenuto a credere che l’unità comunque vada ricercata sempre. Tante parole dovrebbero essere abolite dal vocabolario dei battezzati: “Ci penso io, fatti da parte, non sai chi sono io, tu non capisci niente, sei tu che hai problemi, qui comando io, questo è il mio gruppo, io sono il migliore, io non posso sbagliare…”. In questo modo non costruiamo la Comunità, ma aiutiamo solo a dividerla e a distruggerla. Noi cristiani di Trecate dobbiamo avere forza, energia, ingegno, impegno, generosità, altruismo, pazienza, amore, umiltà; queste cose vanno rese concrete nella nostra vita e nei “gruppi” di cui facciamo parte. Solo così riusciamo ad andare altre il muro della simpatia e del sentimentalismo che spesso guida le relazioni con le altre persone. Dobbiamo poi smettere di pensare che tutti devono fare quanto abbiamo in mente noi, anche se abbiamo un certo ministero nella Comunità (anche se siamo il sacerdote o i suoi migliori amici). Allora “comprenderemo che nella Chiesa l’unità non è mai uniformità”; non significa costringere e limitare, ma “è lo spazio amplissimo nel quale le diversità sono accolte e armonizzate tra loro”. A Trecate non sono mai le diversità a essere un pericolo, un rischio, anche “quando si tratta delle mille diversità spicciole, dovute alla differenza di età, formazione, cultura, sensibilità, genialità, provenienza, costumi…”. Esse sono al contrario delle ricchezze e ogni battezzato può e deve imparare ad accoglierle, ad apprezzarle e a valorizzarle. Valorizziamo, inoltre, il silenzio, sia verso le persone con cui siamo insofferenti o gelosi, sia verso quanti hanno delle “ferite”. Non arroghiamoci il diritto di parlarne a sproposito, di ‘spettegolarci’ sopra, di frugarci dentro in modo osceno. A volte sembra perfino che alcuni godano a vedere il male, a raccontarlo, a rilevarlo, a puntare il dito e a far soffrire i propri fratelli e sorelle. Occorre pregare molto, partecipare all’Eucaristia festiva, perché l’amore del Padre pervada il nostro cuore e la nostra vita e ci faccia camminare verso l’unità. L’ultima cosa che manca è la Misericordia: una Comunità si costruisce a forza di perdono, col dare sempre un’altra possibilità come il Padre fa con ciascuno di noi.

Alessandro Maffiolini