“NESSUNO TI HA CONDANNATA?”
Gv 8,1-11

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Questa settimana andiamo più a fondo nel Vangelo della donna adultera. Il personaggio principale è sempre Gesù, più precisamente il Suo stile, il Suo atteggiarsi: interessante il Suo silenzio, l’indugiare scrivendo nella sabbia, come se stesse aspettando che le Sue misurate parole sortissero il loro effetto. Ma ce n’è un altro di protagonista: è la donna sorpresa in flagrante adulterio. Il Vangelo non “racconta fatti”, ma ce ne offre un’interpretazione: la Parola sempre ci riguarda. E poi ci sono altri personaggi che sembrano poco più che comparse. Ma non è così. Sono i veri “destinatari” dell’insegnamento di Gesù, a cominciare dai più anziani che, alla fine, se ne vanno a testa bassa. Forse per la prima volta consapevoli di non poter giudicare perché loro stessi colpevoli. Questa è la Grazia: potersi guardare con arrendevole sincerità, rompendo quel “meccanismo di occultamento” al quale, tante volte, abbiamo affidato la nostra “rispettabilità” o il nostro preteso diritto davanti a Dio e agli altri.

L’antropologo francese René Girard afferma che i rapporti tra le persone sono strutturalmente esposti a un processo degenerativo senza che nessuno se ne senta responsabile. È la “violenza dei non violenti”, cioè l’illusorio convincimento, comune ai più, secondo il quale la violenza è la caratteristica o di persone “geneticamente aggressive”, che si potrebbero neutralizzare con adeguate misure di prevenzione, oppure fa parte della natura umana, per cui la si deve accettare.

Per Girard la violenza non è scritta nelle stelle, ma è il “risultato di una collaborazione negativa che il nostro accecamento narcisista fa sempre in modo di non riconoscere”. È, infatti, l’assenza di una qualsivoglia forma di sospetto “preventivo” circa le nostre responsabilità, che spalanca le porte al diffondersi della violenza. In effetti, è difficile affrontare con speranza di “soluzione” i conflitti che costellano la vita umana quando ci si crede sempre e solo innocenti. È come se mancasse qualcosa, come una “distanza” da noi stessi che permetta di vedere meglio come stanno le cose. Semplificare è già, in un certo senso, tradire.

Ho trovato un esempio di questa “cecità” in un interessante articolo dello scrittore pachistano Hanif Kureishi che afferma: “Al pari del razzista, il fondamentalista lavora solo di fantasia. L’idea che il fondamentalista ha dell’Occidente, come quella che il razzista ha della sua vittima, è scevra dal contatto con la realtà. Se il nero è stato demonizzato dal bianco, il bianco a sua volta viene oggi demonizzato dal musulmano militante. Le dissociazioni di questo tipo, che fanno parte delle eterne strategie umane, sono banali. Uno scrittore può solo mostrare la forma storica che assumono in tempi diversi, tentando di impedire che questi pregiudizi diventino una componente accettabile della cultura”.

Come, allora, stupirsi “del fatto che le morali ordinarie non hanno mai cambiato nulla nei meccanismi abituali della violenza? Esse partecipano in pieno alle illusioni abituali al riguardo, rassicurandoci sulla nostra innocenza e giustificano le nostre nobili lamentazioni sulla violenza universale, senza farci mai venire in mente che noi per primi, nel nostro piccolo, possiamo dare un valido contributo all’insieme dei fenomeni che condanniamo”. (Girad)

Il mondo di oggi, il nostro mondo, non ha infatti bisogno di “soluzioni” ma di coscienza. La nostra!

 

Padre Massimo Casaro