Non solo confessione

Per ‘penitenza’ molte volte ci riferiamo solo al sacramento relativo, invece per la Chiesa e per la vita dei cristiani essa può avere espressioni molto varie. La Scrittura e i Padri insistono soprattutto su tre forme: il digiuno, la preghiera, l’elemosina. Accanto alla purificazione radicale operata dal Battesimo, essi indicano la via per ottenere il perdono dei peccati, gli sforzi compiuti per riconciliarsi con il prossimo, le lacrime di penitenza, la preoccupazione per la salvezza del prossimo, l’intercessione dei santi e la pratica della carità. La conversione si realizza quindi nella vita quotidiana attraverso gesti di riconciliazione, la sollecitudine per i poveri, l’esercizio e la difesa della giustizia, attraverso la confessione delle colpe ai fratelli, la correzione fraterna, l’esame di coscienza, la direzione spirituale, l’accettazione delle sofferenze, la perseveranza nella persecuzione a causa della giustizia.

Prendere la propria croce ogni giorno e seguire Gesù è la via più sicura per ottenere la misericordia. Inoltre, la conversione e la penitenza trovano la loro sorgente e il loro alimento nell’Eucaristia; per suo mezzo sono nutriti e fortificati quanti vivono della vita di Cristo; essa è l’antidoto con cui essere liberati “dalle colpe di ogni giorno e preservati dai peccati mortali”. La lettura della Bibbia, la preghiera della Liturgia delle Ore e del Padre nostro, ogni atto autentico di culto o di pietà, contribuiscono al perdono dei nostri peccati. I tempi e i giorni di penitenza nel corso dell’Anno Liturgico sono momenti forti della pratica penitenziale della Chiesa.

Questi tempi sono adatti per gli esercizi spirituali, le liturgie penitenziali, i pellegrinaggi in segno di penitenza, il digiuno e l’elemosina, la condivisione fraterna. Il dinamismo della conversione e della penitenza abbraccia il fascino di una libertà illusoria, l’abbandono del Padre; la miseria estrema; l’umiliazione profonda; la riflessione sui beni perduti; il pentimento e la decisione di dichiararsi colpevoli davanti al padre; il cammino del ritorno. Ecco alcuni tratti propri del processo di conversione. L’abito bello, l’anello e il banchetto di festa sono simboli della vita nuova, pura, dignitosa. Sono tutte occasioni con cui la vita dell’uomo ritorna a Dio e in seno alla sua famiglia, la Chiesa.

Andare da un sacerdote

Un problema che spesso ci si pone è il dover dire i propri peccati a un ‘uomo come noi’. Per molti è sufficiente pregare da soli e ottenere così il perdono da Dio. Siamo portati ad aggiustare la religione, la adattiamo a modo nostro. La riconciliazione non è solo “peccare, pregare e via”. Bisogna cercare un sacerdote. Compiere un grande atto di umiltà. Raccontare i propri peccati. Ricevere una correzione fraterna e l’assoluzione dal sacerdote. Non è una cosa inventata: nella Bibbia ci sono chiare indicazioni sulla confessione davanti a un ministro della Chiesa. Nell’Antico Testamento il perdono dei peccati era un diritto solo di Dio: nessun profeta, re, sacerdote ha pronunciato un’assoluzione dei peccati. Nel Nuovo Testamento per la prima volta appare qualcuno, accanto a Dio, che perdona i peccati: Gesù. Lui si proclama Figlio di Dio e Figlio dell’Uomo con “il potere sulla Terra di rimettere i peccati”. Ricordiamo qui semplicemente il paralitico, la donna adultera, il buon ladrone sulla croce. Inoltre, Gesù ha voluto che tutti i Suoi discepoli fossero segno e strumento di perdono e ha chiesto loro di perdonarsi sempre le offese reciproche. Tuttavia ha affidato ai soli apostoli il potere di rimettere i peccati: voleva che la riconciliazione passasse sempre attraverso la Chiesa.

Le parole dette a Pietro diventano indicative e chiarificatrici: legare e sciogliere si riferiscono proprio al perdono. Uno dei primi doni del Risorto è lo Spirito Santo: “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. Anche san Paolo ricorda con forza che Gesù ha affidato agli apostoli il ministero della riconciliazione. Tutte le parole di Gesù sul perdono dei peccati hanno valore per i dodici apostoli e per i loro successori. Gli apostoli hanno comunicato questo dono del Padre con l’imposizione delle mani: quanto Dio fa per noi non può svanire con la morte di una persona, ma deve continuare, perché il Padre sostiene e assiste sempre il Suo popolo. Non esiste l’assoluzione ‘fai-da-te’, il Cristianesimo non si vive mai da soli, ma sempre all’interno di una comunità, di un rapporto con un altro, attraverso il quale un Altro si manifesta: “Dio ti ascolta sempre, ma nel sacramento della Riconciliazione manda un fratello a portarti il perdono, la sicurezza del perdono, a nome della Chiesa”.

A cura di Alessandro Maffiolini