Il Concilio Vaticano II ha aiutato a formare, nella Chiesa e in ogni persona, una più forte coscienza missionaria con l’invito a studiare, meditare e vivere la vocazione battesimale secondo criteri validi e universalmente condivisi. Si è fatta strada “l’esigenza di un tempo forte dedicato alla missione universale della Chiesa per tutto il popolo di Dio”: il mese di ottobre diventa allora interamente dedicato alla riflessione sulla missione e raggiunge il suo culmine con la cosiddetta Giornata Missionaria Mondiale. L’idea è che in questo mese iniziative adatte in ogni diocesi e parrocchia stimolino quell’ansia missionaria che deve caratterizzare ogni giorno della vita della comunità cristiana. Infatti “non può limitarsi a una sola giornata annuale, se non si vuole correre il rischio di compromettere l’avvenire della Chiesa e la nostra stessa esistenza cristiana”. È certo che siamo ormai davanti, anche nella nostra Trecate, a una cultura secolarizzata che porta, alla luce della crisi in corso (economica e soprattutto spirituale), a rinchiudersi in se stessi e di rallentare lo sforzo missionario e di accoglienza. “Ma è proprio questo il momento di aprirsi con fiducia alla Provvidenza di Dio, che mai abbandona il suo popolo e che, con la potenza dello Spirito Santo, lo guida verso il compimento del suo eterno disegno di salvezza”. È oggettivamente un mese di grazia per sollecitare ogni comunità cristiana e ogni persona che si dice credente, a un profondo rinnovamento interiore e al recupero di una dimensione universale nel pensiero e nell’azione quotidiana. Dobbiamo andare a uno dei pilastri che rappresenta il “cuore” della missione e del Vangelo, cioè l’impegno a uscire da noi stessi e iniziare a camminare, senza paura, verso l’altro, verso quel fratello e quella sorella in cui incontriamo Dio stesso. Da Gesù in persona siamo inviati a essere aperti e accoglienti verso tutti, affrontando le sfide che il mondo ci presenta ogni giorno. È solamente grazie al mese missionario che le periferie del mondo ci sembrano il luogo più adatto all’annuncio della buona novella. Solo così i battezzati (noi trecatesi) riacquistano la capacità di portare il Vangelo a ogni creatura senza pregiudizi e con poche resistenze del cuore. Diventa sempre più chiaro, allora, che la dimensione missionaria, appartenendo alla natura stessa della Chiesa, è intrinseca anche a ogni forma di vita cristiana, e non può essere trascurata senza lasciare un vuoto che sfigura la comunità intera. “La missione non è proselitismo o mera strategia; la missione fa parte della grammatica della fede, è qualcosa d’imprescindibile per chi si pone in ascolto della voce dello Spirito”. Proprio per questi motivi è urgente ripresentare l’ideale della missione nel suo centro: Gesù Cristo, e nella sua esigenza, il dono totale di sé all’annuncio del Vangelo. “Non vi possono essere compromessi su questo: chi, con la grazia di Dio, accoglie la missione, è chiamato a vivere di missione. Per queste persone, l’annuncio di Cristo, nelle molteplici periferie del mondo, diventa il modo di vivere la sequela di Lui e ricompensa di tante fatiche e privazioni”. Essere missionario, annunciare il Vangelo, diventa prendersi a cuore la vita umana in senso pieno. “Non è accettabile che nell’evangelizzazione si trascurino i temi riguardanti la promozione umana, la giustizia, la liberazione da ogni forma di oppressione, ovviamente nel rispetto dell’autonomia della sfera politica”. Disinteressarsi dei problemi temporali dell’umanità significherebbe “dimenticare la lezione che viene dal Vangelo sull’amore del prossimo sofferente e bisognoso”; non sarebbe in sintonia con il comportamento di Gesù descritto nei vangeli e che ascoltiamo ogni domenica partecipando all’eucaristia festiva. Il mese missionario ha il compito di spingere ogni battezzato a scoprire il coraggio di portare il proprio incontro con Cristo a tutti quelli che incontra nella vita di ogni giorno. Nessuno può e deve considerarsi escluso da questo invito: i laici hanno il dovere di cooperare all’opera evangelizzatrice della Chiesa, partecipando come testimoni e strumenti vivi. È uno dei più grandi ministeri cui sono chiamati ed è compito loro per esprimere concretamente chi sono. Solo così, anche a Trecate, saremo capaci di vivere senza sosta la Parola di Dio e di uscire dai nostri recinti per portare con coraggio la “buona notizia” anche nelle periferie del mondo e della comunità. Riscopriremo infine ciò che è realmente importante nella vita: mettere da parte i propri egoismi e fare squadra per essere “suoi testimoni da Gerusalemme fino ai confini della Terra”. Tutti i trecatesi sono inviati sulle strade del mondo per camminare con i fratelli facendosi annunciatori del Vangelo di Gesù Cristo.

Alessandro Maffiolini