La vita, le opere e i segni

Leopoldo nacque a Castelnuovo di Cattaro (in Montenegro) il 12 maggio 1866, penultimo dei sedici figli di una famiglia cattolica croata. Al Battesimo ricevette il nome di Bogdan Ivan (Adeodato Giovanni). Suo bisnonno paterno Nicola Mandic era oriundo da Poljica, nell’arcidiocesi di Spalato (Split), dove i suoi antenati erano giunti dalla Bosnia, nel lontano secolo XV. Nel suo paese natale prestavano la propria opera i frati francescani Cappuccini della provincia. Frequentando l’ambiente dei frati, fin da piccolo manifestò il desiderio di entrare nell’Ordine dei Cappuccini. Per il discernimento della vocazione religiosa, fu accolto nel seminario cappuccino di Udine e poi, diciottenne, il 2 maggio 1884 al noviziato di Bassano del Grappa, dove vestì l’abito francescano, ricevendo il nuovo nome di “fra Leopoldo”.

Fino al 1890 completò gli studi filosofici e teologici e il 20 settembre 1890, nella basilica della Madonna della Salute a Venezia, fu ordinato sacerdote. Sin dal 1887 si era sentito chiamato a promuovere l’unione dei cristiani orientali separati con la Chiesa cattolica: nella prospettiva di un ritorno nella terra natia, si dedicò all’apprendimento di diverse lingue slave. La salute cagionevole sconsigliò ai superiori di accettare la sua richiesta di partire missionario. Infatti, a causa dell’esile costituzione fisica e di un difetto di pronuncia, non poteva dedicarsi alla predicazione. I primi anni passarono nel silenzio e nel nascondimento nel convento di Venezia, addetto al confessionale e agli umili lavori del convento, con un po’ di esperienza da questuante di porta in porta. A Padova padre Leopoldo arrivò nella primavera del 1909.

Nell’agosto del 1910 fu nominato direttore degli studenti: furono anni di intenso studio e dedizione. A partire dall’autunno del 1914, a padre Leopoldo venne chiesto l’impegno esclusivo nel ministero della confessione. Le sue doti di consigliere spirituale erano note da tempo, tanto che nel giro di qualche anno divenne confessore ricerca da persone di ogni estrazione sociale, che per incontrarlo arrivavano anche da fuori città. Fortemente legato alla sua terra d’origine, padre Leopoldo aveva mantenuto la cittadinanza austriaca: come altri “stranieri” residenti in Veneto, nel 1917 fu sottoposto a indagini di polizia e venne mandato al confino nel Sud d’Italia. Nel maggio del 1919 giunse al convento dei Cappuccini di Santa Croce in Padova, dove riprese il proprio posto nel confessionale. La sua popolarità aumentò a dispetto del carattere schivo. Nell’ottobre del 1923 i superiori religiosi lo trasferirono a Fiume, ma per il Natale di quell’anno padre Leopoldo fu di nuovo a Padova, città da cui non si allontanò mai più. Qui, spese ogni momento del suo ministero sacerdotale nell’ascolto delle confessioni e nella direzione spirituale. La sua salute andò sempre più peggiorando: ignorava di avere un tumore all’esofago.

Il 30 luglio 1942 morì: per un paio di giorni una folla ininterrotta passò al convento dei Cappuccini per rendere omaggio alla salma del confessore, già santo per molte persone. Beatificato nel 1976 da Paolo VI, Giovanni Paolo II lo ha canonizzato nel 1983.

La voce della Misericordia

Ecco alcune frasi del Santo sul tema della Misericordia:

Mi perdoni padre, mi perdoni se mi permetto… ma vede, noi, nel confessionale, non dobbiamo fare sfoggio di cultura, non dobbiamo parlare di cose superiori alla capacità delle singole anime, né dobbiamo dilungarci in spiegazioni, altrimenti, con la nostra imprudenza, roviniamo quello che il Signore va in esse operando. È Dio, Dio solo che opera nelle anime! Noi dobbiamo scomparire, limitarci ad aiutare questo divino intervento nelle misteriose vie della loro salvezza e santificazione.

L’amore di Gesù è un fuoco che viene alimentato con la legna del sacrificio e l’amore della croce; se non viene nutrito così, si spegne.

Ringraziamo Dio e domandiamogli perdono, perché si è degnato di permettere che la nostra miseria venisse a contatto con i tesori della Sua Grazia.

Quando il Padrone Iddio ci tira per la briglia, direttamente o indirettamente, lo fa sempre da Padre, con infinita bontà. Cerchiamo di comprendere questa mano paterna che con infinito amore si degna di prendersi cura di noi.

Quando confesso e dò consigli sento tutto il peso del mio ministero e non posso tradire la mia coscienza. Come sacerdote ministro di Dio, quando ho la stola sulle spalle non ho paura di nessuno. Prima e sopratutto la verità.

Non è il caso di fare penitenze straordinarie. Basta che sopportiamo con pazienza le tribolazioni ordinarie della nostra misera vita: le incomprensioni, le ingratitudini, le umiliazioni, le sofferenze occasionate dai cambiamenti di stagione e dell’atmosfera in cui viviamo.

La Misericordia di Dio è superiore a ogni aspettativa.

Io mi meraviglio tutti i momenti di come l’uomo possa mettere a repentaglio la salvezza dell’anima sua per motivi assolutamente futili e labili.

A cura di Alessandro Maffiolini