Sicuri?
Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?
Se ci fosse una classifica delle domande più impertinenti del Vangelo, questa vincerebbe un premio. Giovanni il battezzatore è scosso. Scosso da suo destino. È gettato nel buio di una cella, nei fianchi della collina che sorregge l’arrogante palazzo estivo di Erode, a picco sulla valle del Giordano. È scosso perché le grazie acerbe di una spregiudicata adolescente hanno piegato la volontà di un pavido re incapace di gestire i propri ormoni. È scosso soprattutto per le notizie che gli giungono da lontano. Dalla predicazione del Nazareno. Nessuna ascia. Nessun albero tagliato. Nessuna rivoluzione. Nessuna folla esaltata. Niente.
Giovanni è scosso. E se si fosse sbagliato? E quanta compassione suscita il dubbio di un profeta. Di quel profeta. Eppure il più grande fra gli uomini è scosso dal dubbio. Quello bastardo, folle, inatteso. Come quando hai passato la vita a fare il prete e ti chiedi se è stata davvero una tua scelta libera. Come quando ti chiedi se il coniuge che hai accanto e che ti ha dato dei figli è la persona giusta. Come quando vedi le cose in cui credi essere messe in discussione, e la grande opera pastorale che hai vissuto rasa al suolo dal successore del prete che ti ha insegnato Dio. Come quando vedi i tuoi compagni di fede, lamentarsi gli uni degli altri e accusarsi, come scrive, caustico, Giacomo apostolo. Se il più grande dei profeti ha avuto un dubbio così devastante, perché non io?
Sei tu?
Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?
Questa storia che si incarta sempre negli stessi errori si può salvare? Questo uomo che cresce in ogni conoscenza ma non nella saggezza, si può redimere? E di più e peggio: questo Dio che si è svelato, alla fine, ha cambiato qualcosa? Cosa stiamo per celebrare fra qualche settimana? Una innocua e insopportabile fiera della bontà? Dubbi su dubbi. Dubbi che vedo diffondersi in questa lunga notte dell’uomo, in questa ipertrofia dell’anima. Dubbi che mi vengono confidati da questo pulpito di byte, di persone belle, di chi ci ha creduto, di chi si è giocato fino in fondo.
Lo ha avuto Giovanni questo coraggio e lo abbiamo anche noi. E se ci fossimo sbagliati?
Andate a dire a Giovanni
Gesù non dà una risposta ai discepoli del Battista. E nemmeno a noi. Ci lascia nel dubbio. Ci obbliga a fare un salto. A vedere oltre. E riprende la profezia di Isaia che abbiamo appena letto. I ciechi vedono. I sordi odono. I muti parlano. I morti risorgono. Sì, è vero. Ma quanti ciechi e sordi e muti e morti sono rimasti tali.
Nulla di eclatante, briciole, segni sfumati. È lo sguardo che cambia. Gesù non rassicura Giovanni. Non rassicura noi. Ci dice di spalancare lo sguardo. Dice a Giovanni e a noi: guardati intorno. Guardiamoci intorno e riconosciamo i segni della presenza di Dio: quanti amici hanno incontrato Dio, gente disperata che ha convertito il proprio cuore, persone sfregiate dal dolore che hanno imparato a perdonare, fratelli accecati dall’invidia o dalla cupidigia che hanno messo le ali e ora sono diventati gioia e bene e amore quotidiano, crocefisso, donato.
Guarda, Giovanni, guarda i segni della vittoria silenziosa della venuta del Messia. Anch’io li ho visti, quei segni. Anch’io ho visto la forza dirompente del Vangelo, ho visto persone cambiare, guarire, scoprire. Anch’io ho visto nelle pieghe del nostro mondo corrotto e inquieto gesti di totale gratuità, vite consumate nel dono e nella speranza, squarci di fraternità in inferni di solitudine ed egoismo. Ho visto e vedo i tanti segni del Regno.
Cosa siete andati a vedere?
E Gesù rilancia. Cosa siete andati a vedere? Non dice a sentire. Perché Giovanni e la sua vita sono il suo annuncio e la sua profezia. Perché le parole non bastano, non servono, a volte sono in contraddizione con quanto diciamo. Giovanni no: è un profeta asciutto e rude, consumato dal vento e dal fuoco di Dio. E questo fuoco si vede da lontano. Di questo, forse, dovremmo preoccuparci. Diventare noi quella profezia. Davanti ai tanti che si chiedono se dobbiamo aspettarne un altro, Gesù indica a Giovanni i tanti segni della presenza di Dio e ai suoi discepoli Giovanni, profezia vivente.
Poco meno di quindici giorni al Natale, per guardare oltre, altrove, riconoscere i segni, magari diventare segno di speranza per i tanti (troppi, sempre di più) che a Natale si sentono soli come cani. E lo sono davvero.
Commento a cura di Cavallo Renato