Pazienza, operai del Regno!

Il cuore della parabola di oggi è molto semplice: nella nostra vita il bene e il male crescono insieme in un intreccio che l’uomo non deve districare. È l’esperienza che facciamo tutti, anche dopo avere iniziato un percorso di fede, una conversione che ci ha fatto cambiare vita. L’uomo vecchio di cui pensavamo di esserci sbarazzati, ogni tanto emerge e fa capolino nella nostra vita, facendo qualche danno e gettandoci nello sconforto. In particolare all’inizio del cammino di fede, i neofiti sono convinti di essere cambiati, di avere superato la parte oscura. Magari raccontano in giro la loro inattesa conversione (in certi ambienti è diventato quasi un genere letterario!). Accogliere nella propria vita il Dio di Gesù cambia radicalmente il modo di vedere, di sentire, di operare. Ed è proprio così che accade, davvero c’è un prima e un dopo l’incontro con Gesù. La conversione però non è che l’inizio di un lungo cammino che richiede un’enorme pazienza. La pazienza di Dio.

Un nemico

Un tale semina del grano buono nel campo ma, durante la notte, viene il suo nemico e semina della zizzania, un’erba infestante molto simile al grano, ma che produce un chicco scuro, non commestibile e che, soprattutto, intreccia le sue radici con il grano. Episodio plausibile: c’è sempre qualcuno che vuole distruggere il lavoro degli altri, con le buone o con le cattive maniere. Bisogna essere realisti: ci sono persone che agiscono per danneggiare gli altri, sperandone un vantaggio o credendo di vendicare un torto subito. In questo caso il sabotaggio è davvero malefico: ci si accorge solo quando la pianta si avvicina alla maturazione del frutto. Un brutto episodio che fa entrare in scena i servi. Il punto di forza della parabola consiste proprio nel dialogo che segue. Al dolente stupore dei servi che chiedono al padrone per quale ragione il campo sia invaso dalla zizzania segue la meraviglia per l’ordine impartito: non devono strappare la zizzania, devono lasciare che cresca insieme al buon grano fino a quando la maturazione del frutto permetterà di riconoscere il grano con certezza, impedendo di strappare qualche spiga per errore. Quanto sconcerto: la risposta del padrone ha, per noi che ascoltiamo, per ogni comunità di cristiani, delle conseguenze imprevedibili. Lo stupore dei servi è lo stesso dei primi discepoli: se il regno è arrivato perché ancora spadroneggiano nel mondo la violenza e il peccato? E la stessa domanda se la pone la comunità di Matteo, scossa dalle fondamenta dalla diaspora. E la stessa domanda, appesantita da due millenni di attesa, ce la poniamo noi, senza ipocrisia: se Gesù è venuto a salvare il mondo, dov’è questa salvezza? Non esiste una risposta puntuale ed esaustiva. Almeno non quella che vorremmo. Davvero avvertiamo un’abissale distanza fra i suoi ragionamenti e i nostri, fra la sua logica e la nostra.

Lasciate!

La risposta del padrone è destabilizzante, saggia e lungimirante. Dio invita ad aspettare, a pazientare, perché strappando anzitempo la zizzania, si potrebbe erroneamente strappare qualche spiga. Per noi è un danno collaterale: cosa volete che sia qualche spiga al cospetto dell’intero raccolto salvato? Il punto di vista di Dio, è diverso. Deriva dalla sua ossessiva attenzione alla pecora smarrita, all’uno che diventa unico, al marginale che viene messo nel mezzo. La soluzione c’è: pazientare per vedere il frutto, per poterlo distinguere. E, a questo punto, intervenire tagliando entrambi. L’uno nel fuoco, l’altro nel granaio. Il padrone non nega la necessità della separazione. Dice solo che non è ancora il tempo e che non spetta agli uomini decidere quando sia il momento. La pazienza è necessaria: è Dio ad avere stabilito l’ora della separazione, non noi.

Pazienza

Noi non siamo in grado di operare correttamente la cernita. Grossolani come siamo, e anche un po’ autoreferenziali, corriamo il rischio di giudicare gli altri dal nostro punto di vista, appellandoci a convinzioni profonde, radicate che, se esasperate, diventano ideologia, cui vanno sacrificate anche le vite umane. Nella Storia noi cristiani abbiamo compiuto degli abomini, facendo l’esatto contrario di ciò che insegnava il vangelo… appellandoci al vangelo! Ci vogliono, invece, buon senso e di sana prudenza. E ne intuiamo le ragioni: solo dal frutto riusciamo a cogliere la bontà della pianta. Se una spiga è buon grano o zizzania lo capiamo solo quando vediamo il frutto gonfiare lo stelo. L’apparenza inganna, e Dio lo sa bene. Persone che sembrano lontane da Dio, travolte dall’ombra, impestate, possono cambiare, convertirsi, fare buon frutto. Perciò i cristiani, inguaribili ottimisti, cocciuti nella speranza, pensano sempre che una persona possa cambiare in meglio. E come tali dovrebbero agire. Gesù chiede di pazientare perché sa bene che il cuore dell’uomo può cambiare. Addirittura il nostro.