Ez 33,7-9/ Rm 13,8-10/ Mt 18,15-20

Farsi carico

Se vedi tuo fratello peccare va’. È impertinente la Parola di oggi. Scomoda, come spesso accade. E’ diversa. Diversa da quella logica del mondo che dobbiamo convertire al Vangelo se vogliamo con verità professare che Gesù è il Cristo di Dio. Ci stana, la Parola, ci spinge, ci obbliga. D’altronde già il messaggio del profeta Ezechiele ci mette nella direzione giusta: siamo posti come sentinelle. Persone che vigilano, che scrutano, che osservano. Per difendere la città degli uomini, per proteggere la città di Dio. Perché, come ci ricorda san Paolo, tutta le Legge si riassume in un affetto, in un amore al prossimo. E il prossimo, quello vero, concreto, quello che fa parte della mia comunità, quello che non ho scelto, quello che mi sta anche un po’ in mezzo ai piedi, è la misura della verità della mia fede. In tempi in cui qualcuno pensa di schiacciare gli altri che vede come nemici, in cui la paura diventa abitudine, e luoghi comuni e sentimenti striscianti di vendetta arrivano ad infiltrarsi nelle logiche del Regno, la Parola ci regala una perla di saggezza. Matteo, raccontando quella che era la prassi della prima comunità cristiana, ha molto da dire sulla fraternità così come l’ha pensata il Maestro.

Se uno

Coloro che studiano le Scritture ci dicono che quello che Matteo mette sulle labbra di Gesù è riletto alla luce della prassi della sua comunità. Una specie di vademecum ad uso del discepolo, sul corretto uso del perdono. Ed è uno schiaffo in pieno volto alla nostra prassi, al nostro modo di procedere. Se tuo fratello commette una colpa. Quindi è previsto che un fratello possa sbagliare. È previsto che, nonostante la fede, la conversione, la vita interiore, si possa ancora peccare. Non è un incidente, non è uno scandalo. Restiamo peccatori. Ma ciò che ci differenzia è quel titolo: fratello. Uno che pecca contro di te, sì. Ma un fratello. Non un avversario, non un nemico, non uno da cancellare sulla faccia della terra. Colui che sta sbagliando ha dei legami con te. Ti è prezioso perché in Cristo siete fratelli.

Và!

Muoviti, spicciati, agisci. Non stare inchiodato al tuo orgoglio ferito. Non rimuginare. Non meditare (santa) vendetta. Non pensare ai tanti difetti cheil tuo fratello ha e che tu, meravigliosamente, hai tenuto nascosto. Vai e parlagli, chiarisciti, chiedigli, trova un punto di incontro. Senza aggredirlo, senza giudicarlo, ma ammoniscilo. Perché lo vuoi guadagnare. Se ti ascolta, se capisce, se si ravvede, se vede nel tuo gesto non un’accusa ma un desiderio di bene, allora tu avrai guadagnato. Quanto mi scuote questa Parola!

Invece

Invece, spesso, se uno pecca contro di me è una carogna. Da lui proprio non me l’aspettavo perché, si sa, il peccato originale è roba per i pagani. Poi sono deluso (bene, de-ludere viene dal latino e significa smettere di giocare) e pieno di santa rabbia. Allora non mi capacito, cerco sponda, compassione, qualcuno che la pensi come me. E agisco, magari subdolamente. Remo contro, spargo qualche diceria, vado a controllare cosa scrive sui social. Non ho interesse a guadagnarlo, ma a dimostrare che ho ragione. Se ascolto una predica sul perdono penso che l’altro dovrebbe ascoltare e ravvedersi. Non che io devo ascoltare e ravvedermi.

 

Poi

Se non ti ascolta va’. Due testimoni, poi la comunità. Si allarga il cerchio, ma non per spettegolare, bensì per coinvolgere. Per superare i personalismi, per guadagnare. Una rete di sostegno, un prendere a cuore, un voler guadagnare a tutti i costi. Senza gettare la spugna. Senza ipocrisia. Esiste il peccato e fa male al mondo, alla comunità, all’umanità. E voler guadagnare, voler trovare, voler sostenere non è l’azione saccente e arrogante di chi si sente migliore. Ma l’agire del fratello che dice anche cose scomode, se necessario. Che corre il rischio di apparire maldestro e inopportuno per richiamarti alla verità del Vangelo. Equilibrio difficile da ottenere eppure, sembra dire Gesù, possibile. Nella logica del legare a Lui. Nella logica dello sciogliere ogni schiavitù, ogni ostacolo che ci impedisce di essere felice. Eccola la logica del Vangelo. Fratelli che si fanno carico (non che si fanno gli affari degli altri) gli uni degli altri. Che ammettono che ci siano ombre nella propria vita e in quella altrui, ma che non lasciano che le ombre oscurino la luce del sole. Fratelli che non giudicano da fuori ma si mettono in gioco, vanno, osano, cercano di guadagnare una vita alla pienezza. Quella di chi ha sbagliato e la propria. Oso dire di più. In questo tempo di crescente violenza e intolleranza, la comunità. Almeno quella sognata da Gesù. È in grado di diventare profezia per un mondo diverso. E credo che sia davvero possibile.